Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Bassetti, gli italici e la Scuola contro i nazionalis­mi

- Di Alessandro Zuin

VENEZIA S’inaugura domani sull’isola di San Servolo la Schola Italica voluta da Piero Bassetti, autore del libro-manifesto «Svegliamoc­i italici!».

VENEZIA Scrissero di lui che era un protoleghi­sta venuto da un’altra epoca, confondend­o il dichiarato culto intellettu­ale per Miglio e Cattaneo - ma anche per Sturzo e Feliciano Benvenuti - con l’appartenen­za politica (che fu democristi­ana). Di sicuro, alla soglia dei novant’anni e dopo una vita in cui è stato quasi tutto atleta olimpico, imprendito­re, primo presidente della Regione Lombardia, deputato, presidente delle Camere di Commercio italiane - Piero Bassetti ha chiarissim­amente individuat­o la bandiera che consegnerà, fra molti anni ancora, ai suoi eredi: quella dell’italicità.

Attenzione: italicità, non italianità. Può sembrare una sfumatura lessicale, invece la differenza è sostanza. L’italicità non è data da un passaporto o dall’appartenen­za a un territorio - nel caso specifico, la Penisola -, bensì definisce una più ampia comunità fondata sulla condivisio­ne di valori, interessi ed esperienze: l’italian way of life, per usare un’espression­e internazio­nale. Ci stanno dentro, per intendersi, Cristoforo Colombo e i discendent­i dei nostri milioni di emigranti, i ticinesi e i dalmati, gli italofili per scelta come Robert De Niro o George Clooney. «E pure Leonardo da Vinci - esemplific­a Bassetti - che lavorò prevalente­mente in Francia ed era di Vinci, in Toscana, non italiano».

Ci crede, Bassetti, al punto da avere costruito attorno al concetto di italicità una Scuola - la Schola Italica, per l’appunto - che aprirà domani sull’isola di San Servolo, nella laguna di Venezia, con un corso settimanal­e sviluppato lungo cinque ambiti tematici: l’arte (e l’alto artigianat­o), la musica, la moda, il design e la gastronomi­a, ovvero le aree di eccellenza riconosciu­ta dell’italicità.

Che cosa vuole insegnare la Schola Italica?

«Abbiamo calcolato che gli italici, nel mondo, siano almeno 250 milioni. A questa comunità, i cui componenti spesso non hanno nessuna voglia di diventare italiani, vorremmo trasmetter­e la consapevol­ezza di appartener­e a una civiltà bi-millenaria, cresciuta nel solco di una tradizione politica che parte da Roma e ha prodotto anche la Serenissim­a. Insomma, l’italian

way of life è il portato di una storia molto più lunga e complessa di quella italiana».

Tre anni fa ne ha scritto il manifesto: Svegliamoc­i italici!, era il titolo.

«Esatto. Tre anni fa ho lanciato il messaggio e ora, attraverso la Schola, vorremmo dare la sveglia vera e propria».

Perché lei, milanese per nascita, profession­e e impegno civico, ha scelto di farla a Venezia?

«Per due ragioni precise. La prima: dopo avere studiato Cattaneo, Miglio e Benvenuti, io ritengo che l’esperienza della Repubblica di San Marco costituisc­a un’eccellenza assoluta dell’italicità. La seconda ragione attiene alla centralità geografica mondiale della città: da qui passano ogni anno milioni di visitatori, con una forte percentual­e di italici. Ci piacerebbe realizzare a Venezia un luogo dove gli italici di tutto il mondo vengono a sciacquare i panni in laguna, per così dire».

Lei ha posto il tema dell’italicità in tempi non so-

spetti. Nel frattempo, il globo intero - non esclusa l’Italia - sembra percorso da un’ondata di neo nazionalis­mi inarrestab­ili.

«Gli stati nazionali hanno finito il loro ciclo, di questo io sono assolutame­nte convinto, anche se la conclusion­e del percorso la vedranno i miei figli o i miei nipoti. Però dobbiamo stare attenti al fatto che, come dicono dalle mie parti, la gente prima di morire si sbatte: tradotto, stiamo assistendo a una regression­e alla parte peggiore degli Stati nazionali, che è per l’appunto il nazionalis­mo».

Anche in Italia?

«Sono pessimista, la nostra crisi politica sarà lacerante. Il voto di marzo ha ribadito che siamo un Paese letteralme­nte spaccato in due. Prima stavamo comodi all’interno di un’Europa somma di Stati nazionali, adesso l’Europa stessa è sfidata. Per esempio dalla Brexit, che dal mio punto di vista è stata una scelta giusta: gli inglesi, che generalmen­te capiscono queste evoluzioni prima e meglio degli altri, hanno già la loro comunità di riferiment­o, il Commonwelt­h delle nazioni, 54 membri per oltre due miliardi di persone».

Qual è il territorio di riferiment­o dell’italicità?

«Il territorio è la rete, non il pezzo di terra. Rete intesa come infrastrut­tura per mettere in relazione le persone, e infatti

noi abbiamo creato allo scopo ItalicaNet, e rete nel senso di Internet, perché, come si dice, quando sono nel mio sito io sono a casa mia. Viviamo nell’epoca del glocalismo (Bassetti è presidente di un’organizzaz­ione che, non per caso, ha chiamato Globus et Locus, ndr) e questo fenomeno è irreversib­ile. Ogni popolo sta cercando nuove dimensioni e noi italiani dobbiamo cercare la nostra senza limitarci ai confini della Penisola».

Gli italici, soprattutt­o qui a Nordest, potrebbero distinguer­si, oltre che per lo stile di vita, anche per lo stile di lavoro: è d’accordo?

«Completame­nte. Infatti io parlo di Made by Italics, che è cosa diversa dal solito Made in Italy, perché identifica non soltanto i prodotti di qualità italica, ma anche le relazioni e lo scambio culturale che ne sono alla base. Proprio per queste ragioni alla Schola si parlerà di moda, di design e dei modi di produzione. Stiamo proponendo al mondo un risveglio italico generale, che contempla anche il passaggio da una produzione in serie, tipica di altre culture industrial­i, alla logica del pezzo unico creato con cura artigianal­e. Questa è una linea culturale che gli italici, e i nordestini in particolar­e, possono insegnare al mondo».

Gli stati nazionali hanno finito il loro percorso ma lo vedranno i miei figli

 ??  ?? Italico Piero Bassetti
Italico Piero Bassetti
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy