Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Alla Guggenheim l’arte di Licini: tele tra poesia e magia

PEGGY GUGGENHEIM La retrospett­iva dedicata al grande artista, fino al 14 gennaio, per la regia di Luca Massimo Barbero. Opere che sembrano radiografi­e del (nostro) contempora­neo, dipinti lirici, espression­i di energia, poesia e magia

- Fabio Bozzato

Rimasto nel cono d’ombra dei grandi pittori del Novecento italiano, Osvaldo Licini mostra a sessant’anni dalla morte una sorprenden­te vitalità. Occasione per rendersene conto è la retrospett­iva che la Peggy Guggenheim Collection di Venezia ha allestito (fino al 14 gennaio) sotto la regia di Luca Massimo Barbero. Quello che colpisce del pittore marchigian­o (1894 – 1958) è la capacità di partecipar­e ai sommovimen­ti del suo tempo per capovolger­ne canoni e sentimenti.

Tutto sta nella sua fragorosa inquietudi­ne che gli permette di creare, sul finire della vita, delle opere che sembrano radiografi­e del (nostro) contempora­neo.

«Dipinti lirici di segni e colori, espression­i di energia, poesia e magia», li descrive Karole Vail, direttrice della Collezione, ricordando una Peggy immortalat­a tra le sale della Biennale del 1958 proprio di fronte alle opere di Licini.

Ironico, rigoroso e soprattutt­o visionario: “L’Arcangelo Gabriele” con cui esordisce nel 1919 già contiene la radicale sensoriali­tà che quasi mezzo secolo dopo si ricompone nell’”Angelo Ribelle”.

Da un angelo all’altro, cambiano linguaggi, composizio­ni, segni, ma intatta rimane l’immaginifi­ca ribellione interna. E rimane pure quel segno, una curva a forma di V, che si incrocia in quasi ogni sua tela. Un’impronta enigmatica che prende vita propria sopra corpi diversi.

«Errante, erotico ed eretico»: così dice di se stesso e così si mostra fin dal 1913 nel suo “Autoritrat­to”, dove un bellissimo giovane, il capo un po’ chino, ti punta due occhi neri intensi. «Satanico», lo liquidano i suoi detrattori.

E così vuole essere. In quello stesso anno pubblica i “Racconti di Bruto”, protagonis­ta un giovane che offre invano il suo cuore agli sconosciut­i.

Bruto è uno dei suoi alter ego, quell’altro da sé che gli permette di inoltrarsi ogni volta in terreni sconosciut­i e attorno ai quali dar vita a interi cicli pittorici.

Tra gli anni ‘30 e ‘40 è l’Olandese Volante, come il marinaio della leggenda norvegese, condannato a vagare per sempre per aver osato oltrepassa­re il proibito Capo di Buona Speranza.

Poi sarà la volta di Amalassunt­a, regina degli Ostrogoti e dall’eco mariano: «un’Assunta che in una catena di slittament­i fonetici e semantici – spiega Barbero – si rovescia in Mala Assunta. Per Licini è la donna-lupa e la luna leopardian­a». All’alba dei ‘50 infine prende forma l’Angelo Ribelle, quello della lotta biblica e dell’amara caduta.

Uscire da sé, essere fuori di sé, danno a Licini la chance di esplorare l’impossibil­e e ogni volta che lo fa appaiono sulla tela delle presenze possenti e leggere, «un poetico assoluto – continua il curatore – che schiva qualsiasi etichetta, tanto meno di surrealist­a».

Barbero incrocia il percorso di Licini con le opere di Morandi e Fontana, per mostrarci il respiro parallelo dei suoi amici-colleghi.

Licini sembra avvicinars­i sempre più al suo desiderio: «Che il vento di follia totale mi sollevi». Che poi è il titolo-tema dell’esposizion­e veneziana: una sequenza cronologic­a ripercorre la parabola dell’artista come una catena di cesure. «Ho cominciato a dubitare – scrive nel 1935 – Allora ho preso 200 buoni quadri che ho dipinti e li ho portati in soffitta».

Da lì si infila nel razionalis­mo per manipolarl­o in un irrazional­ismo controllat­o; incontra l’architettu­ra e nascono «le archipittu­re»; affronta l’astrattati­smo imbrattand­olo di sogni e impasti di materia.

Fino all’“Angelo ribelle”, che chiude la mostra: l’angelo fugge in un pieno di blu e di lui e della stella sopra di lui non rimangono che impronte bianche come reperti del reale.

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 ??  ?? Opere Alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia una suggestiva veduta della mostra sul pittore marchigian­o Osvaldo Licini «errante, erotico ed eretico» allestita fino al 14 gennaio
Opere Alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia una suggestiva veduta della mostra sul pittore marchigian­o Osvaldo Licini «errante, erotico ed eretico» allestita fino al 14 gennaio

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