Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’ex prefetto Impresa: «Un problema enorme, c’erano forti resistenze»
Il vice Sallusto indagato: «Convinta che saprà chiarire»
PADOVA L’inchiesta su favori e presunte connivenze della Prefettura di Padova con i vertici delle coop che in Veneto gestivano l’immigrazione continua a inseguire il prefetto Patrizia Impresa, adesso a Bologna, e coinvolge ora un altro funzionario che ha lavorato con lei negli anni complicati dell’emergenza sbarchi.
Impresa, che a differenza della funzionaria Tiziana Quintario e del vice prefetto Alessandro Sallusto non è indagata, si è dovuta comunque difendere dal contenuto di alcune intercettazioni, non solo sue, che restituivano un quadro per lo meno di inopportunità nei rapporti intrattenuti dalla Prefettura con i titolari dell’allora coop Ecofficina. L’ultima tegola è il coinvolgimento di Sallusto, un funzionario di peso ora sospettato di avere preavvisato le coop di ispezioni e verifiche.
Prefetto Impresa, da Padova è arrivata una nuova tegola.
«Tengo subito a sottolineare un aspetto che ritengo importante. Sembra che io sia passata direttamente da Padova a Bologna, quando in realtà prima sono stata chiamata al gabinetto dell’allora ministro Marco Minniti e poi dell’attuale vicepremier Matteo Salvini. La decisione di venire a Bologna è stata conseguenziale a scelte e politiche dell’amministrazione. Detto questo…»
Detto questo?
«Continuo a essere molto serena perché sull’accoglienza a Padova ho profuso un grande impegno. Ripeto, sono tranquilla perché questi atti sono stati ampiamente vagliati dalla magistratura e non mi sono stati mossi addebiti. Per questo, nonostante qualcuno chieda passi indietro, non si sa su quali basi, vado avanti nel lavoro per la città».
Dopo Quintario, ora anche Sallusto: i magistrati ipotizzano che abbia favorito le coop.
«Ovviamente non conosco i contorni dell’indagine nei confronti del dottor Sallusto. Sono convinta che saprà dimostrare la sua estraneità alle contestazioni. L’ho visto lavorare sempre con grande impegno e partecipazione, mi auguro fortemente che potrà chiarire».
Da Roma ha ricevuto segnali?
«No, non credo che il Viminale abbia bisogno del mio parere. Dopodiché è scontato che stiano seguendo gli sviluppi della vicenda con attenzione».
L’inchiesta di Padova ipotizza reati molto gravi per dei funzionari pubblici. Che idea si è fatta, avendo lavorato fianco a fianco con loro?
«Ho contestualizzato questa vicenda in quel quotidiano, che era molto complicato. C’erano arrivi massicci, con quote assegnate da Roma che prescindevano dalla disponibilità della Prefettura. In tutto questo, sul territorio c’erano evidenti resistenze all’accoglienza dei profughi. L’alternativa era lasciare queste persone per strada, qualche prefetto lo ha fatto e ne ha pagato le conseguenze».
A chi si riferisce?
«Non è importante. Dico solo che ci siamo sempre mossi per garantire diritti e un’accoglienza equa».
Alcune conversazioni tra indagati stridono con questo obiettivo.
«Su questo non mi pronuncio, dico solo che queste coop continuano a lavorare dopo anni di indagini, forse perché i procedimenti amministrativi erano corretti. Sono stati fatti affidamenti diretti e poi gare pubbliche, quindi ricorribili. Bisogna capire la necessità di risolvere subito un problema che all’epoca a Padova era enorme».
L’alternativa Qualche prefetto ha lasciato i migranti per strada e ne ha pagato le conseguenze