Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Un «teatrino» per ingannare l’ispettore «E il viceprefetto Sallusto lo sapeva»
Nelle carte dell’inchiesta, l’escamotage per stipare più migranti nell’hub
PADOVA Nel dicembre del 2015, per riorganizzare l’ex base Prandina di Padova - adibita a centro di accoglienza per i migranti - la prefettura di Padova aveva preteso di sostituire i tendoni con dei moduli abitativi. A complicare le cose, però, si era messa una dottoressa dell’Usl che aveva stabilito che quei prefabbricati potevano ospitare al massimo quaranta migranti. Troppo pochi, rispetto alle esigenze legate ai continui arrivi. E così, Ecofficina e alcuni funzionari della prefettura avevano allestito una specie di «teatrino» per ingannare l’ispettrice, facendole credere che l’hub fosse meno affollato del reale.
C’è anche questo nelle carte dell’inchiesta di Padova, che nelle ultime ore ha visto l’iscrizione nel registro degli indagati dell’allora viceprefetto di Padova (oggi in servizio a Bologna), Alessandro Sallusto.
L’ispezione della dottoressa venne fatta coincidere (il 4 dicembre) con il trasferimento di alcuni migranti nella struttura di Bagnoli, in modo tale che non si rendesse conto di quanti richiedenti asilo effettivamente restassero alloggiati all’interno dell’hub. «La Prandina veniva allestita per ospitare 40 posti letto, mentre in realtà al termine della giornata in questa struttura rimanevano 77 migranti e la capienza totale risultava di 92 posti letto».
Le intercettazioni riportate nell’informativa dei carabinieri, testimoniano non solo il successo della messinscena, ma pure il fatto che «dell’escamotage veniva a conoscenza anche Sallusto». Lo dimostra la telefonata tra il viceprefetto la sua sottoposta (pure lei indagata) Tiziana Quintario: lui le fa presente che non possono aumentare troppo il numero dei migranti a Bagnoli perché hanno «la Sanità sul collo», e lei gli risponde che «è ovvio che non gli viene detto...».
Un altro caso che emerge dal filone padovano dell’indagine sui presunti favori a Ecofficina, porta la data del 16 novembre 2015, quando la solita Quintario informa Simone Borile (il patron della cooperativa) che il sindaco di Bagnoli, Roberto Milan, aveva chiamato Sallusto comunicandogli che a breve ci sarebbe stata l’ispezione dell’Usl. E il viceprefetto – sostiene l’indagata – aveva ribattuto al primo cittadino che per ogni tipo ti attività all’interno della base era necessaria una specifica autorizzazione della prefettura. L’obiettivo, è il sospetto degli investigatori, era di rendere complicata ogni forma di controllo su quanto avveniva all’interno dei centri di accoglienza gestiti dalla cooperativa.
Il sospetto Base allestita per 40 profughi in realtà ce n’erano quasi 80