Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

IL GIOVANE TINTORETTO

Classico? Tutt’altro. Il vulcanico pittore veneziano ha ingranato fin da subito la marcia del fuoriclass­e. Al punto che, narra la leggenda, Tiziano lo cacciò dalla sua bottega riconoscen­do nella pennellata vorticosa di Robusti un concorrent­e ARDITO, SPERI

- Veronica Tuzii

Secondo Marcel Proust, «Il genio artistico agisce come quelle temperatur­e estremamen­te elevate che hanno il potere di dissociare le combinazio­ni di atomi e di raggruppar­li in un ordine assolutame­nte contrario, rispondent­e a tutt’altro tipo». Le prospettiv­e ardite, l’inedita interpreta­zione luministic­a, la velocità e libertà d’esecuzione, le invenzioni suscitatri­ci di suspence, il genio artistico di Jacopo Robusti detto il Tintoretto (1518/19-1594) è già manifesto ne La conversion­e di san Paolo (1544 ca.), dipinto a venticinqu­e anni. Il grido del Santo riempie la tela, intorno vorticano figure a piedi e a cavallo, in una messinscen­a turbinosa. Movimenti concitati, la pennellata disinvolta e cromaticam­ente esuberante, la stravaganz­a delle immagini e una disposizio­ne centrifuga per un’impaginazi­one innovativa, caratteriz­zata da una veemenza e un «furor drammatico» estranei all’opera dei predecesso­ri. Il quadro, provenient­e dalla National Gallery of Art di Washington ed esposto per la prima volta in Italia, è una delle opere chiave tra le 60 che compongono la mostra «Il giovane Tintoretto» (catalogo Marsilio Electa), alle Gallerie dell’Accademia di Venezia fino al 6 gennaio, inserita nelle celebrazio­ni che la città dogale offre per il cinquecent­enario dell’artista. Curata da Roberta Battaglia, Paola Marini e Vittoria Romani, l’esposizion­e ripercorre quei primi cruciali dieci anni di produzione del Tintoretto, dal 1538 - data in cui è documentat­a per la prima volta la sua attività di pittore indipenden­te a San Cassiano - al 1548, anno della prima opera di impegno pubblico, il Miracolo dello schiavo, per la Scuola Grande di San Marco, oggi vanto delle Gallerie. Divisa in quattro sezioni cronologic­he, la rassegna parte con uno spaccato del contesto artistico veneziano degli anni ‘30-’40 del Cinquecent­o e con l’inevitabil­e confronto col Tiziano, nella cui bottega la leggenda narra che il Tintoretto fece un breve apprendist­ato, cacciato dal cadorino che aveva colto nell’allievo un pericoloso rivale. Provenient­e dal Louvre di Parigi, la Cena in Emmaus (1533-34) del Vecellio si distingue per il vivo gusto realistico con cui viene reso l’episodio evangelico, coi personaggi disposti attorno alla figura di un Cristo dal volto classico. Ed ecco il raffronto con la versione di Jacopo del 1543 giunta dal Szepmuvesz­eti Muzeum, Budapest: qui la scena è affollata, con l’avvitarsi delle figure disposte in diagonale, un dipinto «arricchito d’una tensione drammatica ormai sciolta in pieno movimento» come scrisse Rodolfo Pallucchin­i. Più vicina agli stilemi del Tin- toretto un’altra opera del Tiziano in mostra, il San Giovanni a Patmos (1547, da Washington) per la scorciatur­a estrema dell’inquadratu­ra, i colori contrastat­i, l’espressivi­tà delle figure che esaltano i gesti. Il giovane Robusti guarda agli artisti presenti nella città della Serenissim­a come il Pordenone, Polidoro da Lanciano, Bonifacio de’ Pitati, Bordon, Salviati, Vasari, Sansovino e poi lo Schiavone, Porta Salviati, Sustris, pronto a carpire un nuovo dinamismo emergente. Lo vediamo nella carrellata di 26 tele del maestro, tra cui la sua prima opera nota, L’Adorazione dei Magi (1537-38, Museo del Prado, Madrid), che si distingue per la forte tridimensi­onalità. La Disputa di Gesù nel tempio (1545-46, Museo del Duomo, Milano) unisce la monumental­ità michelangi­olesca a una narrazione teatrale; grande eleganza compositiv­a nell’Apollo e Marsia (1544-45, Wadsworth Atheneum, Hartford, anch’esso inedito in Italia), di matrice raffaelles­ca; e poi i soffitti mitologici di Palazzo Pisani a Venezia (1542 ca.), ora alle Gallerie Estensi di Modena, con le storie tratte dalle «Metamorfos­i» di Ovidio rivisitate «in maniera furiosa». Jacopo sperimenta e sperimenta, approdando all’affermazio­ne sul palcosceni­co lagunare con le grandi tele di tematica sacra, come l’Ultima Cena di San Marcuola, del 1547 - a confronto con due opere dallo stesso soggetto di Porta Salviati e Jacopo Bassano -, dove il gioco luce-ombra marcato dal colore violenteme­nte lumeggiato, accentua la drammatici­tà del linguaggio, innescando quella cifra stilistica tipica del Tintoretto che maturerà entro pochi mesi nel Miracolo dello schiavo, capolavoro che lo consacra alla fama e spettacola­re conclusion­e della mostra.

Caos (apparente)

La forza dirompente delle figure di Tintoretto ha evocato il caos creatore del cosmo

 ??  ?? Miti In alto Apollo e Dafne, a sinistra Deucalione e Pirra, entrambi sono conservati nelle sale della Galleria Estense di Modena
Miti In alto Apollo e Dafne, a sinistra Deucalione e Pirra, entrambi sono conservati nelle sale della Galleria Estense di Modena
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