Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Tanti arbitri, niente calciatori per l’addio a Gigi Agnolin
BASSANO DEL GRAPPA Il duomo di Santa Maria in Colle non era grande abbastanza per ospitare tutte le persone accorse a dare l’ultimo saluto a Luigi Agnolin, il «signore del fischietto», morto sabato scorso all’età di 75 anni dopo lunga malattia. Il gotha degli arbitri, capitanati da Marcello Nicchi, presidente dell’Aia, l’amico Sergio Campana, storico presidente dell’Associazione calciatori, una delegazione di ragazzi del Vicenza, il gonfalone della sezione arbitri di Bassano, qualche dirigente calcistico e tanta gente comune, quella che con Agnolin «viveva» quotidianamente Bassano. Sì perché Gigi Agnolin, figlio di Guido (pure lui grande arbitro, con 164 presenze in serie A e una buona carriera internazionale), non è stato solo un grande direttore di gara. Lì, nel sagrato del duomo, c’erano anche i suoi
ex allievi dell’Einaudi, dove Agnolin faceva il prof di Educazione fisica. E c’erano anche gli amici della comunità del Bellunese che aveva nell’ex arbitro un autentico punto di riferimento. Non c’erano, però, calciatori. Quasi a rimarcare una divisione intrinseca nel mondo del calcio: chi gioca da una parte, che dirige le partite dall’altra. Una sottolineatura che trova conferma anche nel ricordo di Daniele Orsato, uno dei migliori direttori di gara del momento: «I miei figli - dice - stanno diventando grandi guardando Messi e Cristiano Ronaldo. Io sono cresciuto nel mito di Gigi Agnolin». Non serve altro per capire cosa significhi essere arbitro. «E lui - dice Paolo Casarin - è stato uno dei pochi maestri del fischietto degli ultimi anni». «Per noi tutti - dicono all’unisono Livio Bazzoli, Carlo Sguizzato e Gabriele Gava - è stato un modello, un punto di riferimento, un esempio che ci ha guidato nel corso della nostra carriera arbitrale». E Giambattista Pastorello, l’uomo che volle Agnolin con amministratore delegato dell’Hellas Verona, lo ricorda come «un dirigente preparato, un personaggio di spessore».
Padre Lanfranco, dei frati Cappuccini, che ha celebrato il funerale ha ricordato la pienezza della vita di Agnolin, al di là della sua prestigiosa carriera arbitrale. «La sua è stata una vita compiuta nel vero senso della parola - ha detto nell’omelia - e il mio auspicio è che una volta in paradiso non gli facciano ancora arbitrare le partite di calcio, ma usino il suo amore per la vita per mandare ai giovani messaggi di speranza, per far capire loro il vero senso della vita».