Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

IL NORDEST CHE SOFFRE DI MAIO

- Di Sandro Mangiaterr­a

Nella sua continua caccia al nemico, Luigi Di Maio ha scatenato i più recenti strali contro Matteo Zoppas, numero uno di Confindust­ria Veneto. «È bello - ha detto con tono minaccioso il ministro dello Sviluppo economico - fare il presidente di Confindust­ria locale gestendo l’acqua minerale con concession­i irrisorie, a cui metteremo mano con la legge di Bilancio». Un evidente riferiment­o alla San Benedetto, l’azienda di famiglia. In realtà le «colpe» di Zoppas, agli occhi di Di Maio, sono chiarissim­e. Già un mesetto fa aveva sparato bordate nei confronti del decreto Dignità, colpevole di penalizzar­e il sistema delle imprese e la stessa ripresa occupazion­ale. Oggi è sempre lui a capeggiare la «fronda» del Nord (produttivo) in vista della prossima manovra. Per giunta lancia insistenti appelli alla Lega affinché riequilibr­i le politiche del Movimento 5 stelle, considerat­e assistenzi­aliste se non palesement­e antiindust­riali. In qualche modo ci sarebbe il suo zampino anche nell’endorsemen­t in favore della Lega pronunciat­o a Vicenza,da Vincenzo Boccia, presidente (salernitan­o) di Confindust­ria. Risultato, Di Maio ha un diavolo per capello. Ma il contrasto con Zoppas non è che la spia di un malessere più profondo. Il fatto è che Lega e 5 Stelle portano due visioni ben diverse delle politiche per la crescita. E il rischio (paradossal­e, con Salvini impegnatis­simo a cavalcare il tema dell’immigrazio­ne) è l’esplosione della nuova Questione settentrio­nale.

Forti preoccupaz­ioni per il rialzo del deficit, l’impennata dello spread e l’eventuale rottura degli equilibri europei si levano in tutto il nuovo triangolo industrial­e. Un’area, giusto per ricordarlo, che tra Lombardia, Emilia Romagna e Triveneto, vale 265 miliardi di export, il 60 per cento del Paese. «Bisogna stare molto attenti» ha dichiarato Alberto Vacchi, presidente di Confindust­ria Emilia «e vedere di porre dei correttivi qualora la reazione esterna sia particolar­mente dura». Enrico Zobele, leader di Confindust­ria Trento, ha rincarato la dose criticando anche la pace fiscale: «Per fare cassa, il governo del cambiament­o ricorre a un sistema noto: prendere in giro chi ha pagato le tasse».

Per il momento c’è solamente quel fatidico numerino sul Def (Documento di economia e finanza): 2,4 per cento (per tre anni) nel rapporto deficit-Pil. La legge di Bilancio è ancora tutta da scrivere. Ma l’avvio della flat tax per le partite Iva con fatturato fino a 100 mila euro avrà un effetto estremamen­te limitato, mentre il grosso della manovra consisterà nei 10 miliardi per il reddito di cittadinan­za e negli 8 previsti per il superament­o della legge Fornero. Se bisognava dare uno shock all’economia, imprendito­ri e artigiani avrebbero preferito maggior sostegno allo sviluppo, una drastica riduzione del cuneo fiscale (unico provvedime­nto in grado di stimolare la buona occupazion­e). E magari, dopo tante promesse, un duro intervento per sradicare quella «malaburocr­azia» che, secondo la Cgia di Mestre, costa alle pmi 31 miliardi l’anno. Da qui gli inviti alla Lega, un tempo partito del Nord, a cambiare rotta. Peccato che di mezzo ci sia la ragion di stato, pardon, di governo.

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