Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Lavoro e regole in-certe

Decreto Dignità Disciplina dei licenziame­nti, indennità: le conseguenz­e della riforma del governo

- Di Gianluca Spolverato

Succede che con il Decreto Dignità il Governo rimette mano alla disciplina dei licenziame­nti.

Succede che con il Decreto Dignità il Governo rimette mano alla disciplina dei licenziame­nti, introdotta qualche anno fa (era il 2015) con il Jobs Act, e viene rivista quella regola che dice che in caso di licenziame­nto (illegittim­o) il lavoratore ha diritto a una indennità minima, commisurat­a all’anzianità di servizio, e comunque non inferiore ad un certo numero di mensilità. Prima erano 4 e non più di 24 mensilità, e con il Decreto Dignità diventano 6 e al massimo 36. La modifica era stata accolta come di scarsa importanza, perché aveva un qualche impatto solo su qualche caso, e cioè su vertenze con lavoratori licenziati prima dei tre anni dall’assunzione. La legge, infatti, stabilisce un meccanismo indennitar­io fisso, che prevede il pagamento di due mensilità di retribuzio­ne per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 (ora 6) e un massimo di 24 (ora 36) mensilità. L’innalzamen­to a 36 mesi dell’indennità massima – si diceva – non avrà chissà quale impatto, perché per arrivare a 36 mesi si doveva aver maturato almeno 18 anni di servizio ed essere stati assunti dopo il 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del Jobs Act. E i più pencenziat­i savano: chissà quante altre volte, prima di arrivare ai 18 anni, questa legge sarà modificata.

Poi succede che nei giorni scorsi la Corte Costituzio­nale dichiara incostituz­ionale quella parte del Jobs Act che stabilisce l’indennità di licenziame­nto in misura fissa: non è giusto – dice la Corte – che l’indennità che spetta in caso di illegittim­o licenziame­nto sia determinat­a sulla base dell’unico parametro dell’anzianità, ovvero di quanti anni il lavoratore ha lavorato in azienda. E’ irragionev­ole – scrive la Corte – che l’indennità sia fissa e solo basata sull’anzianità e, quindi, per quella parte, la legge va dichiarata incostituz­ionale. Quindi? Quindi, tutti quelli che sono stati assunti con le nuove regole (il contratto a tutele crescenti), a far data dal 7 marzo 2015, avranno diritto, nel caso in cui siano li- ingiustame­nte, ad una indennità non più fissa, ma variabile tra 6 e 36 mensilità! Molto di più di quanto possono pretendere quelli assunti prima del Jobs Act, che hanno diritto a una indennità variabile tra 12 e 24 mensilità, e che prima della sentenza della Corte Costituzio­nale si potevano ritenere, a buon diritto, molto più tutelati rispetto ai più «giovani» colleghi (quelli assunto dopo). Nota di colore: la sentenza della Corte interviene su una questione riguardant­e il licenziame­nto di un dipendente che aveva impugnato il proprio licenziame­nto con l’assistenza della Cgil.

Due consideraz­ioni. La prima è facile: come si può fare impresa in un Paese in cui da un giorno all’altro le regole cambiano in questo modo? Se sei un imprendito­re, quello di cui hai bisogno è di regole certe, e di costi prevedibil­i. Se ci sono, investi, e sei disponibil­e a prenderti i rischi di ogni impresa. La seconda: quest’anno vengono a scadenza gli sgravi triennali di più di un milione di contratti a tempo indetermin­ato avviati nel 2015. A chi assumeva a tempo indetermin­ato nel 2015 si era detto: assumete, per 3 anni il costo del lavoro sarà ridotto, e poi comunque potrete valutare se mantenere in forza il personale o recedere pagando una indennità fissa. Ora l’indennità fissa non c’è più, e si rischia di pagare fino a 36 mesi. Si dirà ok, ma è meglio così per i lavoratori: vero, certamente vero, ma chi crea occupazion­e? Le imprese o qualche mago (da intendersi anche nel suo significat­o dialettale)?

Paradossi delle nuove norme. Chi crea occupazion­e nel nostro Paese. Le aziende o qualche mago?

* Avvocato, consulente legale

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Vicepremie­r Luigi Di Maio

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