Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Quelli che scrivono ancora sui muri
Politica, amore, un pizzico di ironia e un po’ di ignoranza Nell’era delle pareti virtuali c’è chi insiste e comunica (in)sofferenza a bordo strada
Qual è il posto della parola, sui muri di una città? Incisa silenziosamente dalle bombolette di spray, cancellata, rinnovata da mani notturne, perché la «scritta» esiste ancora?
Qual è il posto della parola, sui muri di una città? Incisa silenziosamente dalle bombolette di spray, cancellata da solerti amministrazioni, rinnovata da mani notturne, lasciata galleggiare come in un odierno messaggio in bottiglia, perché la «scritta» esiste ancora? Che senso ha scrivere sui muri nell’era in cui, come nota perfidamente Matt Groening in una puntata dei Simpson, grazie ai social tutti quanti hanno conquistato il diritto di dire cose perfettamente inutili, inascoltate, autoreferenziali e ininfluenti? Eppure, sui muri del Veneto, le persone continuano a scrivere. E persino a rispondersi l’una con l’altra.
Lo ha fatto, come ha documentato questo giornale, l’anonimo autore del messaggio sul muro del Liceo Brocchi di Bassano, There’s nowhere for me to be, «per me non c’è nessun posto», stimolando con il suo grido di allarme (o per la sua frase casualmente ricopiata da qualche canzone, chissà) un’allegra valanga di riscontri cartacei, di solidarietà inaspettate, di frammenti esistenzialisti. Ma come mostrano le immagini raccolte in questa pagina, il dialogo murale si svolge tutti i giorni, sulle pareti pubbliche delle nostre città. E non è sempre street art, anzi. Forse proprio grazie a quell’anonimato che la rete non consente (quasi) più, i writer si sentono più liberi. Liberi di osare. Come l’ignoto veneziano che scrive «nessuno ha paura della questura»: rima baciata, messaggio chiaro, non proprio grande audacia: al riparo del buio di una notte, quando nessuno ti vede, senza lasciare firma, chi mai ha paura della questura, effettivamente? E tra una immancabile «A» del movimento anarchico e qualche (rara) falce e martello, fioccano gli acronimi, come «- TAV + TAZ»: dove la Tav è l’Alta velocità ovviamente, mentre la Taz, nel codice che attinge al vocabolario anarchico, è la «zona temporaneamente autonoma», Tempole
rary Autonomous Zone, modello di resistenza urbana postmoderna, dal titolo di un libro di Hakim Bey. Insomma, le scritte politiche continuano, anche se si collocano prevalentemente a sinistra («Veneziantifascista»), e in qualche sparuto ma crescente esempio di venetismo on-theroad: «Veneto Stato», «Veneto Libero», e così via, legittimi eredi delle celebri scritte proZaia che comparivano sui cavalcavia della Marca a fine anni Novanta: erano i tempi del- rotatorie e della prima Lega, l’allora presidente della Provincia di Treviso era in piena ascesa e chi veniva da altre parti d’Italia notava con stupore come quest’angolo di Veneto fosse l’unico posto in cui anziché sfogarsi a suon di insulti contro il politico di turno la gente scriveva «Forza Zaia».
Volendo tornare ancora indietro con la memoria, una calle veneziana restituisce il commovente vintage antiamerikano «Reagan boia». Ma non c’è solo la politica, anzi, non c’è prevalentemente la politica, sui muri del Veneto. Ci sono messaggi d’amore, a volte un amore un po’ tristo e sfiorito - su un viadotto della Bassa rodigina abbiamo letto una volta il deprimente «scusa se ti amo», qui lo riproduciamo tratto da un altro muro italiano -, o vere e proprie conversazioni: «Lucia ti amo»; «io no»; «e allora chi se ne frega». Ancora a Venezia ecco invocazioni religiose dal sapore fondamentalista: «Giulia convertiti e credi al Vangelo», implora un amico di Giulia, anche se nella città lagunare ovviamente il bersaglio prediletto è il turista («vacca», «spòstate» e così via), a cui rivolgersi proprio al singolare, l’idea platonica di turista, insomma. Sempre rivolto al turista immaginiamo l’avviso «no burger» con uccellino inserito in un panino: o è un piccione, forse dopo un caso clamoroso di crudeltà ornitologica dopo una sosta prolungata lungo i canali? In ogni caso, a parte la poesia e l’ironia degli amori in bottiglia, verrebbe da chiedersi che ne pensano i proprietari di quei muri, visto che la grandissima parte delle scritte è tutt’altro che arte, anzi. Tanto per dire, abbiamo evitato di riportare in questa pagina gli immancabili falli che campeggiano, in Italia, in ogni parete di autogrill e a ogni cantuccio buio che si rispetti. E come evapora quel timido cartello stampato su un foglietto A4 - «chiuso per manutenzione» - su quella serranda coperta di scritte! E se i tentativi di writer d’artista bellunese, dal ragno azzurro di Bastardilla, artista colombiano chiamato a illustrare una parete della piscina comunale che si è attirato qualche polemica per avere riempito uno spazio pubblico con un’opera dal gusto discutibile, alla lince di fronte al carcere di Baldenich del writer Ericailcane, cercano almeno di variare dal tema dei messaggi privati, c’è da ammirare la sublime franchezza del bonario esteta che ha comprato la bomboletta spray per ricordare urbi et orbi: «I punti neri vanno schiacciati».