Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Capriolo albino tra i campi «Aberrazione genetica»
Lo scatto del fotografo Zanfron. Il Parco: «Esemplare rarissimo»
BELLUNO Un’apparizione e uno scatto rubato dal fotografo Luca Zanfron che ha immortalato un capriolo albino. Esemplare rarissimo, fragile, quasi un animale mitologico, incrociato per caso, in un campo di mais.
BELLUNO Nel film «The Queen» di Stephen Frears c’è una scena molto bella e significativa. Ritiratasi a Balmoral, nel verde della Scozia, per sottrarre i nipotini all’attenzione mediatica nei giorni della morte di Diana, la Regina Elisabetta decide di fare un giro in solitaria tra le colline. E lì, mentre con la sua macchina è rimasta bloccata in un torrente e sta aspettando che la vengano ad aiutare, la sovrana ha un’apparizione quasi mistica: un cervo, imponente e magnifico, in cima a un’altura. La regina è affascinata, ma quando il suo sguardo si distrae per una frazione di secondo e poi torna a posarsi dov’era, l’animale è improvvisamente scomparso. Quasi come per magia, come se quella creatura fosse solo in parte di questo mondo.
E’ un po’ quello che è accaduto a Luca Zanfron, fotografo bellunese che martedì passeggiava con il figlio per i boschi intorno alla città, sulle Prealpi venete: «Guarda, papà. C’è una capretta». Luca alza lo sguardo, in una radura coltivata a mais. E lì, tra le pannocchie, vede una cosa che però non è una capra. Capreolus capreolus: un’epifania, un’apparizione. Ha il colore delle apparizioni: il bianco. Si tratta di un capriolo albino, affiancato a poca distanza da un altro normale, forse un fratello. Ha gli occhi dolcemente cerchiati di rosa, in risalto con la tinta chiarissima del manto, e le orecchie, anche, sembrano ancora più grandi e più rosa e più attente del solito, per effetto del contrasto.
Guarda dritto verso il padre e il figlio umani, nel suo silenzioso passaggio interrotto, tra gli steli alti dell’erba. I due mammiferi, fotografo e animale, sono rimasti a fissarsi per qualche secondo. «Poi ho afferrato la macchina e ho fatto clic».
Lo scatto che ne è venuto è magnifico, ha il verde brillante del bosco e del prato e la tinta bruna delle foglie secche di mais, ha il profumo dell’autunno e soprattutto l’intensità dell’attimo rubato - quella che Raffaele La Capria, inseguendo una spigola sul fondo del mare, ha chiamato la Grande Occasione. «Un albino è una rarità assoluta, quasi una leggenda - dice Zanfron - è molto più facile fotografare un lupo, tanto per dire. Il luogo esatto dove l’ho incontrato non lo voglio rivelare. Temo una caccia al capriolo. In senso figurato o proprio reale. Anche se tra i cacciatori gira quella storia...». Quale storia? «Qualcuno dice che se uccidi un capriolo albino muori entro un anno».
Zanfron, per fortuna, lo ha solo immortalato (che anche etimologicamente è il contrario di uccidere). Eppure l’ungulato bellunese è comunque fragile: «Tecnicamente è un’aberrazione genetica» commenta Michele Da Pozzo, direttore del Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo e inesausto camminatore delle montagne. Che però nelle sue tantissime gite un capriolo albino non lo ha mai incontrato. «E’ effettivamente un caso più unico che raro. Ed è più debole dei suoi simili. Perché non è mimetico: non si nasconde tra il fogliame e le cortecce con la facilità dei suoi colleghi di razza. Dunque è più esposto agli attacchi dei predatori, a cominciare dall’uomo».
E’ per questo che gli altri esemplari tendono a isolarlo, nel branco: è un pericolo per la sopravvivenza. Inoltre, gli occhi rossi sono più sensibili alla luce del sole.
Forse il destino di questo singolo animale è segnato. Sicuramente a essere in difficoltà è tutta la sua razza. «I caprioli si trovano sulle Dolomiti e sulle Prealpi perché fuggono dalla pianura. Sono animali da pianura, al massimo da collina - dice Da Pozzo non adatti ai lunghi inverni delle Alpi e all’innevamento. Il problema è che se non ci sono più foreste, ma solo città e vigneti, cercano altre altitudini. Ma quassù il capriolo patisce la concorrenza di un ungulato più grosso, e più esuberante: il cervo». Che è presente in grande numero. «Il capriolo sopravvive perché è molto prolifico, ma sarebbe il caso di parlare con i cacciatori. I piani di abbattimento andrebbero spostati dal capriolo al cervo».
Intanto, nel campo di mais, Zanfron ha scattato la sua fotografia. Il bambino che gli è accanto è rimasto a guardare, incantato. Per un attimo la loro attenzione è stata distratta dalla macchina fotografica. E quando i due uomini hanno posato di nuovo lo sguardo, il capriolo albino non c’era più.
Michele Da Pozzo È più debole perché non è mimetico: non si nasconde tra il fogliame e le cortecce con la facilità dei suoi simili ed è più esposto agli attacchi dei predatori