Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’asse con Milano e l’effetto traino
Non solo i Giochi. Dalla ripresa economica all’autonomia cominciano ad essere molte le partite che vedono Veneto e Lombardia giocare nella stessa metà campo. Milano è sempre meno legata alla Torino a Cinque Stelle, mentre Venezia punta sull’effetto traino della città più «internazionale» d’Italia.
(ma.bo.) E dunque saranno le Olimpiadi del Lombardo-Veneto. La clamorosa autoesclusione di Torino, nata dalla radicale avversione del M5S per i Grandi Eventi (sempre associati col malaffare) e poi coltivata fino alle estreme conseguenze dal sindaco Chiara Appendino con la strategia dell’autosufficienza, spalanca le porte all’asse tra Milano e Cortina nel brand olimpico, che diventa però Milano e Venezia sul piano politico-istituzionale. Un legame che travalica gli steccati di partito (c’è la Lega di Zaia e Fontana col Pd di Sala, ma nelle due Regioni ora pure i Cinque Stelle sono costretti a inseguire) e conferma una volta di più che lontano da Roma le differenze si sfumano, superate dagli interessi comuni dei territori. Il patto «per le Olimpiadi», non a caso, segue quello «della ripresa economica», individuato da una miriade di studi nel triangolo MilanoVenezia-Bologna, e quello «per l’autonomia», con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna a fare da apripista davanti alle altre Regioni assai più timide nell’assumersi nuove responsabilità. Milano, dunque, abbandona il Nordovest ma anche Venezia è un po’ meno Nordest e prova a sfruttare l’effetto traino della città italiana maggiormente proiettata verso l’internazionalizzazione, lo sviluppo e la crescita (chissà, magari anche forte di quell’Alta Velocità che i Cinque Stelle, di nuovo, non vorrebbero fare). Certo Milano è Milano e vuole il timone. L’ha fatto intendere chiaramente il sindaco Beppe Sala, nonostante ieri fosse ospite del governatore Luca Zaia: «Ho sempre chiesto per Milano il ruolo di capofila, perché dopo Expo il nostro brand è il più riconoscibile e perché noi siamo stati i primi a partire, lavoravamo alla candidatura olimpica 15 mesi fa». E ancora, accennando alla governance con piglio manageriale: «Penso di poter attingere alla mia esperienza in Expo, dare suggerimenti sulle cose buone da fare e anche sugli errori da non ripetere». Di nuovo: «Per me che Milano fosse prima nel naming era fondamentale». Cortina (meglio, Venezia) ha capito l’antifona e, giustamente, non fa tante storie: le Olimpiadi sono un’occasione di marketing territoriale irripetibile e se anche si dovrà convivere con Milano sul palco globale i riflettori non mancheranno. La chance è troppo ghiotta, anche per quel che filtra da Buenos Aires dove il Cio sembra davvero alla disperata ricerca di una candidata credibile: dopo i forfait dei mesi passati (i Giochi sono ormai visti da Governi e territori più come rogna che come opportunità), ieri è saltata Erzurum, cittadina nel cuore dell’Anatolia sconosciuta ai più, e restano così in corsa solo Calgary, dove però si celebrerà uno scivoloso referendum il 13 novembre (a Innsbruck una consultazione analoga ha affossato la candidatura), e Stoccolma, che però non ha il sostegno del Governo svedese perché, semplicemente, in Svezia un Governo ancora non c’è. I Cinque Cerchi, con buona pace dei Cinque Stelle, sono serviti su un piatto d’argento. E con loro, forse, anche un ridisegno degli assetti del Nord per come li abbiamo conosciuti finora.