Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Fincantieri, maxi inchiesta sui subappalti
Giornate di lavoro infinite, permessi di soggiorno, estorsioni e «mazzette»: il sistema al vaglio dei pm
VENEZIA Giornate di lavoro infinite, fino a 12 ore, ben oltre il limite di legge; la richiesta di una «mazzetta»; stipendi da 5 euro l’ora; infine la famigerata «paga globale». La procura di Venezia è tornata ad accendere un faro sul sistema dei subappalti in Fincantieri, mettendo nel mirino l’impresa Venice Group, ma l’obiettivo dell’inchiesta è cercare di capire se il sistema sia più diffuso.
VENEZIA Giornate di lavoro infinite, fino a 12 ore, ben oltre il limite di legge; la richiesta di una «mazzetta» di alcune centinaia di euro al mese, per poter conservare il posto di lavoro e, soprattutto, il permesso di soggiorno; stipendi discreti su base mensile (anche di 1500 euro e più), ma che parametrati alla quantità di lavoro «valgono» 5 euro l’ora, ben sotto gli 8 previsti dal contratto; infine quella famigerata «paga globale» per cui non esistono ferie, malattia, Tfr e tutto il resto. La procura di Venezia è tornata ad accendere un faro sul sistema dei subappalti in Fincantieri, colosso dell’industria nazionale, che a Marghera ha uno dei cantieri di punta. Il pm Paolo Fietta e il procuratore vicario Adelchi d’Ippolito, per ora, hanno messo nel mirino l’impresa Venice Group, guidata da tre fratelli bengalesi trentenni, ma l’obiettivo dell’inchiesta è cercare di capire se il sistema sia più diffuso, come denunciano da tempo i sindacati.
Nei giorni scorsi i magistrati hanno ordinato una perquisizione a casa e negli uffici dei tre, che sono indagati con la grave accusa di estorsione, ma anche presso Fincantieri (in un container è stata trovata della contabilità utile all’indagine) e presso lo studio di commercialisti e consulenti aziendali che li seguivano, mettendo in campo una cinquantina tra carabinieri e finanzieri. In questa prima fase sono stati anche trovati una cassetta di sicurezza e una polizza in scadenza riferibili ai titolari, che sono state sottoposte a sequestro preventivo per «congelare» delle somme che potrebbero essere intese come provento di reato. Sulla documentazione recuperata ora è al lavoro anche l’Ispettorato del Lavoro e proprio ieri mattina c’è stato un incontro in procura con il pm Fietta.
A dare il via all’inchiesta è stata la denuncia di otto operai della Venice Group, che si erano rivolti in primis ai carabinieri di Spinea per segnalare la situazione di pressione di cui sarebbero stati vittime. Da lì si è iniziato a raccogliere la documentazione, compresi quei «rapporti giornalieri» da cui emergeva una situazione fuori dalle norme sul lavoro. In un mese infatti un operaio metalmeccanico di quel settore dovrebbe lavorare 173 ore (cioè le canoniche 40 a settimana), ma in alcuni casi si era arrivati a sforare le 250, fino ad arrivare a 270, un centinaio in più. Sono in corso verifiche anche per capire come funzionava la retrocessione in nero di una parte dello stipendio. L’ipotesi di reato per ora è quella di estorsione, ma gli sviluppi potrebbero portare anche ad accuse di sfruttamento del lavoro, evasione contributiva e previdenziale, truffa ai danni dello Stato.
«I miei clienti negano tutto, comprese le retrocessioni», spiega il loro avvocato Stefania Pattarello, che ha già presentato un ricorso al tribunale del riesame, chiedendo il dissequestro dei documenti, con il fine principale di vedere le carte in mano alla procura. Il legale ricorda inoltre che gli operai che avevano fatto denuncia hanno poi anche aperto una vertenza sindacale sugli straordinari non pagati. «A quel che mi risulta, anche se la vicenda è stata seguita da un altro avvocato civilista, per sette di loro si è arrivati a un verbale di chiusura tombale, con il pagamento di quanto concordato», continua l’avvocato Pattarello. Solo uno avrebbe continuato la sua battaglia, ma in quel caso ci sarebbero stati anche degli attriti personali.