Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
I giudici fanno sparire l’obbligo di esporre la bandiera veneta
Legge impugnata e cancellata
VENEZIA La Consulta boccia la legge regionale: sparisce l’obbligo di esporre la bandiera veneta in tutti gli edifici pubblici. Immediate le reazioni politiche. Il primo a parlarme è il Pd, che bolla la legge veneta come «una pagliacciata». Ma il governatore Luca Zaia non ci sta e torna all’attacco: «La ripresento con l’autonomia».
VENEZIA Nel mirino, in particolare, c’erano le prefetture, da sempre identificate dalla Lega come l’avanguardia dello Stato centrale, romano, tassatore e burocrate nei (suoi) territori. Lì, più che altrove, i leghisti di stanza in consiglio regionale avrebbero voluto veder garrire la bandiera col leone marciano, simbolo del Veneto autonomista, e per questo, il 29 agosto 2017, approvarono una legge che imponeva l’esposizione del vessillo in tutti «gli edifici sede di organi e uffici statali e di enti e di organismi pubblici nazionali». Insomma, dove c’era una bandiera italiana o peggio - per quella che è stata l’evoluzione della Lega - una bandiera europea, lì ci doveva essere pure la bandiera veneta. Ma la Corte costituzionale ieri ha cancellato tutto, sostenendo che la legge in questione, impugnata dalla Presidenza del Consiglio quando a Palazzo Chigi c’era Paolo Gentiloni, è incostituzionale.
Secondo i giudici, la norma «invade la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa» e per questo è in contrasto con l’articolo 117 della Costituzione; le Regioni «non possono porre a carico di organi e amministrazioni dello Stato compiti e attribuzioni ulteriori rispetto a quelli individuati con legge statale»; e ancora, in violazione dell’articolo 5 che sancisce il principio di unità e indivisibilità della Repubblica, è escluso «che lo Stato-soggetto possa essere costretto dal legislatore regionale a fare uso pubblico di simboli (quali le bandiere regionali) che la Costituzione non consente di considerare come riferibili all’intera collettività nazionale».
Il Pd, che già all’epoca usò parole di fuoco («È l’ennesima provocazione di Zaia» disse l’allora sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa, spiegando di aver disposto l’impugnativa su indicazione del ministero dell’Interno), oggi cannoneggia col consigliere Andrea Zanoni: «Dalla Consulta è arrivato un altro schiaffo alla propaganda leghista. E intanto i veneti devono pagare il conto di queste pagliacciate». Ma va ricordato che non solo l’opposizione, anche i tecnici sollevarono perplessità sulla legge, e tra questi il professore del Bo Sandro De Nardi ne preconizzò proprio la sicura bocciatura («Nella parte in cui si indirizza anche alle prefetture e agli uffici periferici delle amministrazioni statali - disse al Corriere del Veneto all’indomani dell’approvazione a Venezia - la legge è senz’altro incostituzionale». Ma il governatore Luca Zaia non intende sentire ragioni, tira dritto ed anzi rilancia: «Ripresenteremo senz’altro questa legge e chiederemo che l’obbligo di esporre la bandiera del Veneto in tutti gli uffici pubblici nazionali sul territorio venga introdotto nell’intesa con l’attuale Governo sull’autonomia, perché è un interesse della collettività regionale che la propria bandiera sia affiancata quella dello Stato. A impugnare il nostro provvedimento – ricorda Zaia – fu il passato Governo e non credo che, con quello attuale, si sarebbe arrivati a tanto. Ce la si è presa con una bandiera che ha più di 1.100 anni di storia e rappresenta un’intera identità, dicendo, di fatto, che vale meno di altre. Non lo si può accettare».