Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Bottin e la passione «Italo Wave»
Biennale Musica, chiusura con il set del dj padovano. «Reinvento gli anni Ottanta»
La chiusura della Biennale Musica di Venezia, domani al teatro delle Tese, è affidata a William Bottin, padovano di nascita ma veneziano d’adozione, che presenterà uno dei dj set live per cui è famoso in tutto il mondo, in compagnia di Alexander Robotnick (ore 23, info www.labiennale.org).
Come sarà strutturato il dj set live «Robòttin”?»
«Ci saranno parti con brani fatti dal vivo (Robotnick canterà qualche pezzo), poi ci saranno cose fatte assieme ed altre che mi vedranno da solo, come il dj set finale. La collaborazione con lui è nata dopo l’amicizia. Ci siamo conosciuti in una serata dove suonavamo entrambi, siamo rimasti in contatto e siamo diventati grandi amici».
Tutta un’altra cosa rispetto al progetto Cristalli Liquidi?
«Cristalli Liquidi è un progetto personale che faccio con band e brani cantati. È una specie di mio alter ego, progetto parallelo con sonorità maggiormente pop ma con testi strani e inquietanti».
Non è la prima volta che lavora per la Biennale.
«È la prima volta che collaboro con Biennale Musica. Ho però collaborato con Biennale Arte, Teatro e Danza. Sono molto contento, sia perché suonerò nella mia città sia perché lo farò assieme a Robotnick. È una cosa bella visto che a Venezia e in Veneto suono davvero di rado. Per me è più facile propormi all’estero».
Nascere nel 1977 in una città come Padova è stato un ostacolo o un aiuto?
«È stato un aiuto. Ho cominciato a suonare da bambino e già verso i 12 anni ho trovato a Padova una buona scena di band e i primi studi di registrazione. C’era davvero una bella scena».
Come ha iniziato a collaborare con Lucio Dalla?
«Con Lucio Dalla c’è stata una lunga collaborazione e amicizia. Tutto è iniziato quando per Fabrica ho riarrangiato un intero album di Dalla, “Automobili”. Poi, dopo quell’incontro, ho lavorato con Lucio».
Che cosa si intende per New Italo Wave, etichetta spesso cui si classifica la sua musica?
«Per me invece è una “next wave” che segue la “new wave” degli anni Ottanta. Con la mia musica parto da sonorità che sono state inventate in quel periodo, utilizzando le stesse tecnologie. È un ritorno a quell’approccio cercando di fare delle cose nuove».
Per che cosa impazziscono i suoi fan più lontani, come quelli del Vietnam o della Cambogia?
«La musica, in particolare l’Italo disco, funziona bene perché ha un approccio genuino. È un antenato della techno. Mi è capito di proporla in serate all’estero e fare impazzire il pubblico: è una musica coinvolgente perché è stata fatta da persone che si divertivano mentre la facevano».