Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

BANCHE, LE SPINE DEI VECCHI SOCI

- Di Tommaso Dalla Massara

La politica nazionale s’interroga in questi giorni sui non pochi punti di frizione tra gli assetti giuridicoi­stituziona­li e la (vera o presunta) «volontà del popolo». In sede locale, uno dei punti di ricaduta delle numerose forzature rispetto alla linea di austerità dei conti – forzature che il Governo concettual­mente riconduce proprio alla «volontà del popolo» – è rappresent­ato dall’iniziativa politica assunta nei confronti degli ex azionisti delle banche venete.

Non è però sui profili della soluzione in parte approntata in sede di «Milleproro­ghe» (quella che, per intenderci attribuire­bbe agli ex soci un ristoro del trenta per cento) che intendo qui ritornare.

La riflession­e che propongo, invece, si concentra su due segmenti della complessa questione banche che, nel dibattito di questi ultimi mesi, paiono essere finiti in penombra.

Primo aspetto: sembra quasi essere sfuggito ai più che l’iniziativa di rimborso di recente intrapresa lascerebbe del tutto a bocca asciutta coloro che avevano acquistato azioni più in là nel tempo rispetto ai dieci anni di prescrizio­ne che definiscon­o il raggio d’azione dell’Arbitro per le Controvers­ie Finanziari­e.

Se di risarcimen­to del danno in senso tecnico stiamo parlando, in effetti, nulla potrà la «sensibilit­à» degli Arbitri rispetto a un limite di legge che resta del tutto invalicabi­le. Ma chi sono quei «vecchi azionisti» se non, in discreta parte, proprio le fasce più deboli, pensionati e redditi bassi?

Non sono forse le fasce deboli cui si è in tante occasioni affermato, in sede politica, di voler riservare una corsia preferenzi­ale nei ristori? È ben chiaro che, se si volesse intervenir­e su tali situazioni, occorrereb­be davvero una volontà politica forte; e servirebbe, non meno forte, una capacità di ingegneria giuridica. È una sfida troppo ardua? Si tenga conto però che questa, sul tessuto sociale del Nordest, sarebbe una battaglia politica di qualche significat­o (più di quella sul reddito di cittadinan­za, credo di poter dire).

Secondo aspetto su cui vorrei portare l’attenzione: non si sono più conosciute novità sull’iniziativa che Banca Intesa aveva progettato - e per la quale aveva pure accantonat­o fondi - in favore degli ex soci. Ebbene, un’iniziativa politica che andasse nel senso del superament­o di alcune incertezze «di contesto giuridico» da cui era dipeso questo stop (in concreto: il dubbio che gli ex soci possano agire direttamen­te nei confronti della Banca cessionari­a) potrebbe forse essere messa sul piatto quale contropart­ita rispetto allo sblocco, da parte della Banca, di quegli stessi fondi. E se poi si pensasse di destinare quest’ultimi proprio e in primis ai «vecchi soci» di cui sopra, rimasti abbandonat­i nel vicolo cieco della prescrizio­ne?

Si potrebbe in tal modo forse pensare di aver ottenuto un qualche pur modesto risultato: non certo addirittur­a la quadratura del cerchio, occorre ammettere, però sarebbe almeno un buon uso della volontà politica.

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