Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
BANCHE, LE SPINE DEI VECCHI SOCI
La politica nazionale s’interroga in questi giorni sui non pochi punti di frizione tra gli assetti giuridicoistituzionali e la (vera o presunta) «volontà del popolo». In sede locale, uno dei punti di ricaduta delle numerose forzature rispetto alla linea di austerità dei conti – forzature che il Governo concettualmente riconduce proprio alla «volontà del popolo» – è rappresentato dall’iniziativa politica assunta nei confronti degli ex azionisti delle banche venete.
Non è però sui profili della soluzione in parte approntata in sede di «Milleproroghe» (quella che, per intenderci attribuirebbe agli ex soci un ristoro del trenta per cento) che intendo qui ritornare.
La riflessione che propongo, invece, si concentra su due segmenti della complessa questione banche che, nel dibattito di questi ultimi mesi, paiono essere finiti in penombra.
Primo aspetto: sembra quasi essere sfuggito ai più che l’iniziativa di rimborso di recente intrapresa lascerebbe del tutto a bocca asciutta coloro che avevano acquistato azioni più in là nel tempo rispetto ai dieci anni di prescrizione che definiscono il raggio d’azione dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie.
Se di risarcimento del danno in senso tecnico stiamo parlando, in effetti, nulla potrà la «sensibilità» degli Arbitri rispetto a un limite di legge che resta del tutto invalicabile. Ma chi sono quei «vecchi azionisti» se non, in discreta parte, proprio le fasce più deboli, pensionati e redditi bassi?
Non sono forse le fasce deboli cui si è in tante occasioni affermato, in sede politica, di voler riservare una corsia preferenziale nei ristori? È ben chiaro che, se si volesse intervenire su tali situazioni, occorrerebbe davvero una volontà politica forte; e servirebbe, non meno forte, una capacità di ingegneria giuridica. È una sfida troppo ardua? Si tenga conto però che questa, sul tessuto sociale del Nordest, sarebbe una battaglia politica di qualche significato (più di quella sul reddito di cittadinanza, credo di poter dire).
Secondo aspetto su cui vorrei portare l’attenzione: non si sono più conosciute novità sull’iniziativa che Banca Intesa aveva progettato - e per la quale aveva pure accantonato fondi - in favore degli ex soci. Ebbene, un’iniziativa politica che andasse nel senso del superamento di alcune incertezze «di contesto giuridico» da cui era dipeso questo stop (in concreto: il dubbio che gli ex soci possano agire direttamente nei confronti della Banca cessionaria) potrebbe forse essere messa sul piatto quale contropartita rispetto allo sblocco, da parte della Banca, di quegli stessi fondi. E se poi si pensasse di destinare quest’ultimi proprio e in primis ai «vecchi soci» di cui sopra, rimasti abbandonati nel vicolo cieco della prescrizione?
Si potrebbe in tal modo forse pensare di aver ottenuto un qualche pur modesto risultato: non certo addirittura la quadratura del cerchio, occorre ammettere, però sarebbe almeno un buon uso della volontà politica.