Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Torch, più facile rimpatriare un regolare di un clandestino
Il caso di Torch spiegato da legali e funzionari di polizia: «Molti Paesi fanno ostruzionismo»
VENEZIA Se manca il passaporto, il rimpatrio è efficace solo una volta su dieci. E con alcu- ni Paesi, Tunisia e Libia in testa, è impossibile comunica- re. Paradossi e difficoltà dei provvedimenti d’espulsioni. Per gli avvocati penalisti è più facile rimandare a casa gli stranieri regolari.
VENEZIA Per la polizia sono uno su dieci. Per gli avvocati che li vedono sistematicamente passare per le aule dei tribunali, quasi sempre per una direttissima, anche meno. Sono gli stranieri privi di documenti, dunque irregolari, che vengono rimpatriati con successo. Una celebrity, in questo senso, è Amor Ben Lazar Torch, il tunisino che, dal 2002 in poi, è stato destinatario, in più di un’occasione, di un decreto di espulsione. Ma tra un soggiorno al Cie e un periodo in carcere, è riuscito sempre ad evitare il rientro in patria. Una patria che, chiaramente non lo vuole. La Tunisia è uno dei Paesi sul podio dell’inaffidabilità per quanto riguarda questa complessa operazione, per la quale le leggi contano fino a un certo punto, e tanto, tantissimo, contano le relazioni diplomatiche. Dietro alla Tunisia, c’è l’Algeria. Davanti a entrambe, la Libia. Il filo rosso che lega i tre paesi del Maghreb è il caos istituzionale che è seguito alle sfortunate «primavere arabe». Viceversa, con il Marocco e l’Egitto di Al-Sisi, i rimpatri sono relativamente più semplici. «Il problema è notissimo - afferma Davide Battisti, del Siulp, uno dei sindacati delle forze di polizia - e il lavoro investigativo per risalire all’identità di una persona, in mancanza di documenti, può essere lungo e complesso. Si cerca sempre di individuare un momento in cui hanno esibito il passaporto, magari per la richiesta di un permesso di soggiorno. Gli alias, le diverse identità che forniscono i soggetti, non sono un problema per noi, una volta che ci sono le impronte digitali. Ma, anche se li riconosciamo, è impossibile rimandarli in patria, se non c’è una prova evidente della loro provenienza».
Una situazione che è confermata dagli uffici immigrazione delle questure. «È una situazione che richiede un certo impegno da parte nostra - afferma il vicequestore padovano Tullia Galliussi - la zona del Nordafrica è accomunata da lingua e cultura. Non sono rari i casi di marocchini che si spacciano per tunisini. Ovviamente in questi casi ci attiviamo con tutte le ambasciate». Il quadro non è scevro da paradossi. Simone Bergamini, avvocato del foro di Verona, ha visto molti casi del genere. «Se parliamo di cittadini tunisini, gli unici che rischiano davvero il rimpatrio sono quelli in regola. Un mio cliente ha scritto su un muro “Allah Akbar”. Caduta l’ipotesi che si trattasse di un radicale, è stato condannato per danneggiamento. È stato rimandato in Tunisia: i documenti ce li aveva perché sposato con un’italiana. Senza contare che spesso sono i legali a pagare i biglietti aerei degli espulsi».
Ecco perché gli «addetti ai lavori» sono scettici sul raddoppiamento dei tempi massimi di permanenza nei Cie, da 90 a 180 giorni. «Alla fine se uno Stato non collabora non c’è nulla da fare - sostiene Battisti - senza accordi bilaterali non si va da nessuna parte». «Il sistema Cie funziona fino a un certo punto - aggiunge il penalista padovano Leonardo Arnau - i soggetti che si muovono nell’illegalità hanno tutto l’interesse a rendersi non identificabili e a confondere le acque». Quanto a Torch, il Comune di Padova ha avviato le pratiche per la revoca dell’alloggio convenzionato, in una casa popolare, intestato alla sorella 51enne: gli uffici dei servizi sociali stanno verificando la presenza dei requisiti.