Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
REDDITO E LAVORO: LA VERA VIA
L’intesa presto in Consiglio dei ministri, dove si andrà alla conta. Primi calcoli su Iva e Irpef
Il Presidente del Consiglio Conte ha convocato nei giorni scorsi le grandi imprese pubbliche per invitarle ad accelerare investimenti e assunzioni nell’evidente intento di colorare di una tinta più accettabile ai sottoscrittori dei titoli del nostro debito pubblico e all’Unione Europea la manovra di economia e finanza per il prossimo triennio. Mossa meritoria, ma dal valore, quantitativamente, poco più che simbolico. Mossa che si sarebbe rivelata di ben altro spessore se l’invito fosse stato rivolto alla moltitudine delle piccole medie imprese che costituiscono l’osso e la polpa dell’economia italiana. Imprese, con quelle del Nordest in prima fila, che nella maggior parte dei casi sono sopravvissute alla crisi auto addestrandosi alla scuola dei mercati internazionali sui quali ogni giorno sgomitano tra competitori di ogni parte del mondo. Si sarebbe sentito dire che la disponibilità ad investire e ad assumere c’è, ma che attende per esprimersi di poter contare, oltre che sulle «solite» riforme (pubblica amministrazione da efficientare, giustizia da accelerare, etc), che non vorrebbero fossero sparite dall’agenda politica, su un alleggerimento del carico fiscale –almeno sotto forma di riduzione del cuneo sul costo del lavoro—e sugli investimenti pubblici nelle infrastrutture necessarie ad aumentarne produttività interna e competitività esterna.
VENEZIA «Da parte di tutti i colleghi è ferma la volontà di rispettare il contratto di Governo». Il ministro per gli Affari regionali Erika Stefani l’ha detto ieri, nella sua intervista al Corriere del Veneto, ammettendo però che non tutti hanno mostrato in questi mesi di lavoro matto e disperatissimo la sua stessa determinazione («Ma si sa - ha sorriso - io sono leghista e sono veneta...»). Alla vigilia della consegna nelle mani del premier Giuseppe Conte della bozza d’intesa tra lo Stato e la Regione sull’autonomia, le sue parole suonano come un avviso ai naviganti e certo assumono un peso ancor più grave se accostate a quanto dice oggi il vicepremier Matteo Salvini: «Noi e i Cinque Stelle abbiamo posizioni differenti sull’autonomia. Io l’accordo con Zaia l’avrei già firmato - allarga le braccia il segretario della Lega - ma c’è qualche ministro del Movimento che invece non vuole cedere poteri e competenze». Nomi Salvini non ne fa ma diversi ministeri chiave per la devoluzione delle 23 competenze sono in mani pentastellate, dalla Sanità all’Ambiente, dai Beni culturali ai Trasporti; senza contare il ministero per il Sud, occupato da Barbara Lezzi.
Salvini, che riferisce di aver «incontrato lungamente Zaia giovedì a Roma», apre dunque un fronte con gli alleati, smarcandosi e costringendoli a venire allo scoperto su uno dei punti chiave del «contratto», ma allo stesso tempo promette al suo governatore: «Entro l’autunno porteremo in Consiglio dei ministri la richiesta d’autonomia del Veneto. Sarà un passaggio storico nell’anniversario del referendum. In un anno probabilmente riusciremo a fare a fare quello che non si è fatto in 40 anni di storia delle Regioni». E anche dal premier Conte arrivano rassicurazioni: «Il discorso sulle autonomie va affrontato globalmente ma ci sono Regioni, come il Veneto, che già da tempo hanno avanzato le loro richieste in un quadro rispettoso dei principi costituzionali, e ora si trovano in una fase avanzata del percorso. Nel contratto di governo c’è grande attenzione per questa prospettiva di maggiore e concordata autonomia».
Intanto con le ultime determinazioni del ministero dell’Economia inizia a delinearsi il meccanismo di finanziamento su cui si reggerebbe il trasferimento delle 23 materie chieste da Zaia (e concesse dal ministro): una compartecipazione al gettito Irpef e Iva prodotto sul territorio regionale. «Un sistema perfettamente costituzionale - spiega il professore dell’università di Padova Mario Bertolissi - perché in linea con quanto previsto dall’articolo 119 secondo cui le Regioni “dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio”. Un meccanismo che da Francesco Saverio Nitti in avanti viene indicato da tutti gli esperti di scienza delle finanze come il migliore per responsabilizzare la classe politica sull’uso delle risorse pubbliche».
Detto che le aliquote sono ancora tutte da definire, e verranno stabilite in base al costo storico (in questa prima fase, in base ai costi standard in quella successiva) solo quando si conosceranno le competenze devolute, si può dire fin d’ora che si tratta di cifre cospicue: il gettito Irpef in Veneto è di 13 miliardi l’anno (altri 5 se ne vanno in detrazioni fiscali), somma che viene interamente incassata da Roma con l’eccezione dell’addizionale “regionale” - in realtà è imposta dallo Stato - che ammonta a 830 milioni; il gettito Iva è invece di 11,5 miliardi e già esiste una forma importante di compartecipazione regionale, pari al 50% ( è la voce d’entrata tributaria più importante per l’ente). Con l’autonomia si andrebbe a incidere qui, alzando la quota di compartecipazione all’Iva ed introducendone una ex novo per l’Irpef.
Salvini L’accordo con Zaia l’avrei già firmato, ma alcuni ministri M5S non vogliono cedere poteri e competenze