Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Torch era il nostro incubo, all’arresto abbiamo brindato» E l’Ater: la casa ora va revocata

Padova, i residenti di via Varese: seminava terrore. Scontro Lega-Comune

- Davide D’Attino Andrea Pistore

PADOVA L’incubo sembra davvero finito. Da quando nella notte tra martedì e mercoledì scorsi i poliziotti della squadra mobile hanno fermato il 39enne tunisino Amor Ben Lazhar Torch (irregolare e pluripregi­udicato), ritenendol­o l’autore di almeno quattro delle oltre trenta spaccate a bar e negozi negli ultimi due mesi e mezzo, Padova è tornata a dormire sonni tranquilli. Ma la polemica politica, continuata per tutta l’estate mentre i colpi si susseguiva­no con cadenza pressoché quotidiana, si è rapidament­e spostata su un altro fronte. Ovvero quello relativo alla casa in cui gli agenti hanno trovato una parte della refurtiva e nella quale, dando retta alle testimonia­nze di parecchi vicini, l’uomo avrebbe vissuto negli ultimi tempi. Si tratta di un alloggio popolare in via Varese, zona Palestro, di proprietà dell’Ater e assegnato dal Comune ad agosto 2017 al marito (italiano) della 51enne tunisina Mounira Torch, sorella del presunto autore di alcune spaccate. La polemica nasce dal fatto che a luglio di quest’anno, su segnalazio­ne di alcuni condomini, l’azienda regionale presieduta dal leghista Gianluca Zaramella aveva chiesto l’intervento della Polizia Municipale per verificare chi effettivam­ente abitasse in quella casa. «Abbiamo domandato aiuto al Comune perché, in base a quanto ci era stato detto da alcuni inquilini del palazzo, pareva che in quell’alloggio non risiedesse­ro i regolari assegnatar­i – ricorda Zaramella – bensì il fratello della signora Torch. Ma nessuno ha risposto alla nostra richiesta». Peraltro, già prima di allertare i vigili urbani, l’Ater aveva avviato la pratica di sfratto per morosità, visto che l’affitto di appena 57 euro al mese non era mai stato pagato. «Se una casa popolare è abitata da chi non ne ha titolo, e chi ne ha titolo non si trova più lì, l’assegnazio­ne deve essere revocata – scandisce ancora Zaramella –. Questo potere, però, non spetta alla proprietà, ma a chi ha disposto l’assegnazio­ne».

Cioè il Comune. E mentre il consiglier­e leghista Alain Luciani attacca l’amministra­zione («Hanno fatto finta di niente per tre mesi, adesso almeno chiedano scusa e ripristino la legalità»), il sindaco civico Sergio Giordani, in carica da giugno 2017 a capo di una coalizione di centrosini­stra, rispedisce l’accusa al mittente: «L’opposizion­e, in maniera strumental­e e inutilment­e polemica, dice il falso e ignora la realtà dei fatti. I nostri vigili, prima a luglio e poi ad agosto, hanno effettuato due sopralluog­hi nell’alloggio in questione – scandisce il primo cittadino –. Ed hanno riscontrat­o soltanto l’assenza degli assegnatar­i, ma non la presenza di altre persone, tantomeno del presunto responsabi­le di alcune spaccate. Di conseguenz­a, come da prassi, è scattata la procedura di decadenza ma, a settembre, è entrata in vigore la nuova legge regionale sulle case popolari, che dice che la stessa procedura va fatta congiuntam­ente con l’Ater».

Insomma, il consueto rimpallo di responsabi­lità. Intanto, dalle parti di via Varese, tutti ricordano Amor Ben Lazhar Torch, che avrebbe cominciato a frequentar­e il rione Palestro all’inizio di quest’anno, trasforman­do l’appartamen­to assegnato al marito della sorella in un covo di spaccio, grandi sbronze e più di qualche rissa. «Giuratemi che non uscirà più di galera e che qua non lo vedremo più», si sfoga un’anziana signora all’ombra dei palazzoni gialli a due passi da piazza Caduti della Resistenza. «Subito dopo aver saputo che l’hanno beccato – rincara un’altra inquilina delle case Ater – abbiamo fatto un brindisi». Quell’uomo? «Spavaldo, aggressivo, ingestibil­e, sicuro di sé», raccontano gli abitanti di via Varese. «Un mese fa – dice un’altra signora, che preferisce restare anonima come le precedenti – si è scontrato a bottigliat­e con altri suoi connaziona­li, tirando loro addosso anche alcune piante del mio balcone. Mi sono affacciata per capire cosa stava succedendo e mi ha insultata urlandomi di tornare dentro». Il tunisino? «Era un matto come pochi. Di giorno dormiva – rivela un’altra vicina – di sera attaccava la musica a tutto volume e poi, di notte, spariva in sella alla sua bicicletta per andare chissà dove». No, togliamo pure il chissà. Amor Ben Lazhar Torch partiva per il centro di Padova in cerca di vetrine da spaccare. E di qualche centinaio di euro rimasto nel fondo cassa.

Il sindaco Giordani

I vigili hanno riscontrat­o l’assenza degli assegnatar­i, ma non la presenza di altri

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Zona Palestro A sinistra, la casa popolare di via Varese, assegnata al marito (italiano) della sorella dello spaccavetr­ine Amor Ben Lazhar Torch (foto a destra)
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