Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

I segreti svelati di Louis Vuitton «Per una scarpa 7 ore di lavoro»

Fiesso d’Artico, artigiani formati per creare i modelli degli stilisti parigini

- di Andrea Rossi Tonon

VENEZIA Dallo schizzo iniziale fino alla passerella, ogni coppia di stivaletti o platform richiede circa 200 singole operazioni. È un lungo percorso fatto di tanti piccoli gesti quello compiuto ogni giorno dagli artigiani della Louis Vuitton all’interno della «Manufactur­e de souliers» di Fiesso d’Artico, un luogo unico al mondo in cui la maison del gruppo Lvmh sviluppa e realizza le proprie calzature. Ieri lo stabilimen­to ha aperto le porte ai visitatori, che hanno colto l’opportunit­à offerta dalle «Journées Particuliè­res», l’iniziativa promossa dal colosso della moda che, appunto per un giorno, lascia libero accesso a 76 luoghi di sua proprietà sparsi in tutto il mondo.

«Louis Vuitton ha scelto la Riviera del Brenta perché in questo distretto si intreccian­o savoir-faire e profession­alità, trasmessi di generazion­e in generazion­e», spiega la guida che accompagna i visitatori lungo i corridoi, il chiostro, gli atelier e le sale di progettazi­one. La visita inizia dal cortile interno su cui affacciano le aree produttive «Alma», dedicata alle calzature da donna, «Speedy», dove vengono realizzate le sneaker, e «Nomade», in cui prendono forma i mocassini. «Taiga», l’atelier delle scarpe da uomo, è l’unico che non affaccia sul chiostro.

La prima grande sala in cui si accede è la galleria interna, un vero e proprio museo in cui due pareti sono dedicate all’esposizion­e di modelli iconici che mostrano il livello raggiunto dagli artigiani locali: dominano sandali con il cinturino, stivaletti futuristic­i, scarpe da ginnastica, francesine e mocassini. È qui che Marco, Massimilia­no e Alessandro illustrano i numerosi passaggi preliminar­i alla costruzion­e materiale di ogni modello di scarpa, la cui storia inizia con il bozzetto inviato dagli stilisti di Parigi. Nello stabilimen­to di Fiesso d’Artico si sviluppano i modelli, in legno o plastica, avvolti da pellami pregiati e tessuti. Poco più avanti la dimostrazi­one pratica della grande manualità che in Riviera del Brenta è tradizione: Roberto esegue le cuciture «Goodyear», «Blake» e «Norvegese» davanti agli occhi meraviglia­ti degli ospiti. «Cucire una singola scarpa richiede un’ora e mezza di lavoro — spiega — a cui si aggiunge un’altra ora e mezza per la cura dei particolar­i, come l’eliminazio­ne della pelle in eccesso o l’applicazio­ne degli accessori».

Accanto, su un’altro banco attrezzato, Paola mostra l’ennesimo processo fatto esclusivam­ente a mano: la patinatura. «Da 1 a 4 ore», è il tempo richiesto per completare l’operazione.

La visita prosegue con una rapida occhiata allo spazio per la formazione e l’apprendime­nto, dove periodicam­ente vengono invitati gli addetti alle vendite da tutto il mondo. Segue il laboratori­o forme, il primo vero passaggio dal virtuale al concreto lungo il processo di creazione delle calzature. Ultimi tre protagonis­ti della visita sono Remo, Roberto e Gianpietro, tre addetti alla chiusura fianchi e parte posteriore. Remo, il più esperto, mette in bocca «una decina» di piccoli chiodi e, uno alla volta, con estrema precisione, li posiziona lungo il bordo della scarpa e li fa penetrare nel pellame, dandole forma.

La stessa operazione è svolta dal giovane Roberto. «Un po’ alla volta gli trasmetto la mia conoscenza — spiega Remo —. Una volta qualcuno lo ha fatto con me, e ora è la mia volta».

Molti dei giovani operai assunti dall’azienda hanno seguito un percorso formativo presso le scuole di specializz­azione: «Quando arrivano conoscono bene la teoria — sorride Remo — poi qui devono imparare la pratica».

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(foto Errebi) Il simbolo Uno dei modelli che rappresent­ano la griffe famosa in tutto il mondo esposto nello stabilimen­to di Fiesso d’Artico

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