Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
I segreti svelati di Louis Vuitton «Per una scarpa 7 ore di lavoro»
Fiesso d’Artico, artigiani formati per creare i modelli degli stilisti parigini
VENEZIA Dallo schizzo iniziale fino alla passerella, ogni coppia di stivaletti o platform richiede circa 200 singole operazioni. È un lungo percorso fatto di tanti piccoli gesti quello compiuto ogni giorno dagli artigiani della Louis Vuitton all’interno della «Manufacture de souliers» di Fiesso d’Artico, un luogo unico al mondo in cui la maison del gruppo Lvmh sviluppa e realizza le proprie calzature. Ieri lo stabilimento ha aperto le porte ai visitatori, che hanno colto l’opportunità offerta dalle «Journées Particulières», l’iniziativa promossa dal colosso della moda che, appunto per un giorno, lascia libero accesso a 76 luoghi di sua proprietà sparsi in tutto il mondo.
«Louis Vuitton ha scelto la Riviera del Brenta perché in questo distretto si intrecciano savoir-faire e professionalità, trasmessi di generazione in generazione», spiega la guida che accompagna i visitatori lungo i corridoi, il chiostro, gli atelier e le sale di progettazione. La visita inizia dal cortile interno su cui affacciano le aree produttive «Alma», dedicata alle calzature da donna, «Speedy», dove vengono realizzate le sneaker, e «Nomade», in cui prendono forma i mocassini. «Taiga», l’atelier delle scarpe da uomo, è l’unico che non affaccia sul chiostro.
La prima grande sala in cui si accede è la galleria interna, un vero e proprio museo in cui due pareti sono dedicate all’esposizione di modelli iconici che mostrano il livello raggiunto dagli artigiani locali: dominano sandali con il cinturino, stivaletti futuristici, scarpe da ginnastica, francesine e mocassini. È qui che Marco, Massimiliano e Alessandro illustrano i numerosi passaggi preliminari alla costruzione materiale di ogni modello di scarpa, la cui storia inizia con il bozzetto inviato dagli stilisti di Parigi. Nello stabilimento di Fiesso d’Artico si sviluppano i modelli, in legno o plastica, avvolti da pellami pregiati e tessuti. Poco più avanti la dimostrazione pratica della grande manualità che in Riviera del Brenta è tradizione: Roberto esegue le cuciture «Goodyear», «Blake» e «Norvegese» davanti agli occhi meravigliati degli ospiti. «Cucire una singola scarpa richiede un’ora e mezza di lavoro — spiega — a cui si aggiunge un’altra ora e mezza per la cura dei particolari, come l’eliminazione della pelle in eccesso o l’applicazione degli accessori».
Accanto, su un’altro banco attrezzato, Paola mostra l’ennesimo processo fatto esclusivamente a mano: la patinatura. «Da 1 a 4 ore», è il tempo richiesto per completare l’operazione.
La visita prosegue con una rapida occhiata allo spazio per la formazione e l’apprendimento, dove periodicamente vengono invitati gli addetti alle vendite da tutto il mondo. Segue il laboratorio forme, il primo vero passaggio dal virtuale al concreto lungo il processo di creazione delle calzature. Ultimi tre protagonisti della visita sono Remo, Roberto e Gianpietro, tre addetti alla chiusura fianchi e parte posteriore. Remo, il più esperto, mette in bocca «una decina» di piccoli chiodi e, uno alla volta, con estrema precisione, li posiziona lungo il bordo della scarpa e li fa penetrare nel pellame, dandole forma.
La stessa operazione è svolta dal giovane Roberto. «Un po’ alla volta gli trasmetto la mia conoscenza — spiega Remo —. Una volta qualcuno lo ha fatto con me, e ora è la mia volta».
Molti dei giovani operai assunti dall’azienda hanno seguito un percorso formativo presso le scuole di specializzazione: «Quando arrivano conoscono bene la teoria — sorride Remo — poi qui devono imparare la pratica».