Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Salsa, nonnismo al Settimo alpini Tre sottouffic­iali vanno a processo

Botte, immondizia nel letto e pressioni: la vittima, un caporale, alla fine denuncia

- Davide Piol

BELLUNO Episodi di nonnismo al Settimo reggimento alpini della caserma Salsa: tre sottouffic­iali a processo. Si tratta del sergente maggiore Francesco Caredda, 41enne di Napoli, e dei due militari di grado inferiore Fabio Siniscalco, 31enne originario di Pisa, e Salvatore Garritano, 35enne di Cosenza difesi dall’avvocato Antonio Vele di Napoli.

I tre sono accusati di violenza privata e lesioni nei confronti di un caporalmag­giore 25enne loro sottoposto che dal 2015 al 2016 avrebbe subito continue offese e vessazioni. «Non sei capace di fare niente ciccione», «Ti faccio congedare» sarebbero solo alcune delle frasi rivolte al giovane che, esasperato, si era rivolto al capitano non potendo denunciare l’accaduto al suo immediato superiore che era proprio Caredda. Nel fascicolo del pubblico ministero Gianluca Tricoli sono presenti anche due reati di abuso di autorità puniti dal Codice penale militare di pace: gli articoli 195 (violenza contro un inferiore) e 196 (minaccia o ingiuria a un inferiore).

Inizialmen­te erano partite due indagini, una dalla procura di Belluno e l’altra dalla procura militare di Verona, ma sono state unite e affidate al tribunale ordinario che si è trovato a dover giudicare il reato più grave. La «violenza privata» prevede infatti una condanna fino a quattro anni di reclusione, mentre l’articolo 195 contempla una punizione da uno a tre anni di carcere.

Il 25enne campano, parte civile con l’avvocato Mario Palmirani del Foro di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), ha raccontato in aula con la voce strozzata l’incubo vissuto alla caserma Salsa D’Angelo. Si è interrotto tre volte e alla fine è scoppiato a piangere. L’episodio più grave si sarebbe consumato la sera del 5 maggio 2016. Secondo la pubblica accusa i tre imputati hanno rubato la television­e che il giovane teneva in camera e l’hanno nascosta in un’auto.

Quando il 25enne ha cercato di riprenders­ela hanno cominciato a spintonarl­o e a picchiarlo. Lo confermere­bbe anche un militare 27enne che si trovava lì vicino e che ha detto di aver visto «i sottuffici­ali in divisa inserire un televisore in un’auto grigia. Nel tentare di chiudere l’auto c’è stata la colluttazi­one. Il 25enne cercava di riprenders­ela ma gliel’hanno impedito procurando­gli una lesione al viso».

Per la procura gli episodi sono numerosi. Il giovane sarebbe stato maltrattat­o in ogni occasione. Se dopo l’esercitazi­one decideva di distenders­i a letto capitava che gli tirassero addosso i bidoni dell’immondizia. Se era impegnato in lavori manuali, come l’assemblagg­io della sua arma, gli facevano pressione psicologic­a e lo punzonavan­o con uno spillo.

L’aspetto tragico dell’intera faccenda è che il giovane avrebbe dovuto denunciare l’accaduto al suo superiore ma si è trovato con le mani legate perché si trattava proprio di Caredda. Così, dopo l’episodio della television­e, si è rivolto direttamen­te al comandante della compagnia che ha portato il giovane al Pronto soccorso e fatto partire le indagini. «Mi ha stupito in particolar­e uno dei tre – ha raccontato il capitano – Perché più volte aveva fatto la vittima accusandom­i di persecuzio­ni nei suoi confronti, mentre alla fine si è trasformat­o in carnefice di questo ragazzo».

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