Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«I miei colleghi e gli abusi sui permessi»
Assistenza ai familiari malati, sfogo di un’operaia: «Usati per andare dal parrucchiere. Con i sindacati complici»
TREVISO «Sono stanca di vedere i miei turni di lavoro modificati sulla base dei permessi che i colleghi chiedono per assistere un familiare in difficoltà. Questa legge 104 (che disciplina i permessi riconosciuti ai lavoratori per assistere familiari disabili o malati, ndr.) è un allegro self service».
A parlare - o meglio, a sfogarsi - è una dipendente di un’azienda della chimica che impiega una cinquantina di addetti nel Trevigiano, e che non ha più voglia di tacere su compagni di reparto, sindacati che definisce «compiacenti» e datore di lavoro che chiude gli occhi per evitare conflitti interni.
«So bene che la legge ha lo scopo di aiutare le famiglie con congiunti in difficoltà, di promuovere la vicinanza dei parenti diretti alla persona malata e di permettere magari un risparmio sull’assistenza di un infermiere o di una badante. Ma non viene usata così».
Cosa se ne fanno, invece, i suoi colleghi dei permessi? E lei come fa a sapere se quelle ore concesse e retribuite vengano o meno utilizzate come si deve?
«Beh, quando si ascoltano tranquillamente al distributore del caffè lavoratori dello stesso comparto che contrattano fra loro i permessi da prendere in base alle prenotazioni dal parrucchiere o agli orari della palestra cosa vuole che pensi?».
I rappresentanti sindacali interni sono consapevoli di questo? Di fatto è una truffa al datore di lavoro e all’Inps, perciò allo Stato.
«Fra chi usa i permessi in questo modo ci sono anche Rsu».
Lei è iscritta al sindacato?
«Sì, a quello che sulla carta dovrebbe pure essere il più intransigente nel meccanismo dei diritti e dei doveri. Sto pensando seriamente a restituire la tessera».
Lo scorso anno una grande azienda trevigiana dell’elettrodomestico incaricò un investigatore privato per pedinare un delegato sindacale interno per verificare se utilizzasse correttamente i permessi della 104. Fu licenziato anche se poi, dopo due processi, reintegrato. Il caso finì anche sulle cronache nazionali. I suoi colleghi non temono che questo possa avvenire anche per loro?
«Il proprietario della mia azienda non si muoverà mai in questo modo. Non agitare le acque sulla 104 è un “do ut des” in un equilibrio di accordi che garantisce il quieto vivere per tutti»
Perché non denuncia formalmente quello che vede? E un reato, a questo punto è un suo dovere.
«Devo accorgermene io che il re è nudo?».
Sinceramente: se avesse anche lei il diritto a chiedere i permessi per la 104? Tre giorni al mese non sono pochi...
«Rispetto ad altri colleghi io ho il diritto di chiederli. Ho una madre che ormai stenta a riconoscermi seguita giorno e notte da un’assistente il cui lavoro, per qualche misterioso motivo, diventa più difficile quando arrivano in visita figli o nipoti. Potrei rendermi utile al massimo facendo la spesa o sbrigando qualche pratica agli sportelli pubblici».
Anche solo per questo potrebbe usufruirne...
«Sa una cosa? Lavorare in fabbrica è meno stressante che assistere come si deve una persona fragile, specie se non lo sai fare. Mia madre la vedo la domenica per un po’ di compagnia. Usare la 104 come si dovrebbe essere una scelta di coscienza impegnativa quando è davvero necessario. Altro che parrucchiere o palestra, o qualunque altro impegno non contemplato dalla legge».