Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«I miei colleghi e gli abusi sui permessi»

Assistenza ai familiari malati, sfogo di un’operaia: «Usati per andare dal parrucchie­re. Con i sindacati complici»

- Gianni Favero

TREVISO «Sono stanca di vedere i miei turni di lavoro modificati sulla base dei permessi che i colleghi chiedono per assistere un familiare in difficoltà. Questa legge 104 (che disciplina i permessi riconosciu­ti ai lavoratori per assistere familiari disabili o malati, ndr.) è un allegro self service».

A parlare - o meglio, a sfogarsi - è una dipendente di un’azienda della chimica che impiega una cinquantin­a di addetti nel Trevigiano, e che non ha più voglia di tacere su compagni di reparto, sindacati che definisce «compiacent­i» e datore di lavoro che chiude gli occhi per evitare conflitti interni.

«So bene che la legge ha lo scopo di aiutare le famiglie con congiunti in difficoltà, di promuovere la vicinanza dei parenti diretti alla persona malata e di permettere magari un risparmio sull’assistenza di un infermiere o di una badante. Ma non viene usata così».

Cosa se ne fanno, invece, i suoi colleghi dei permessi? E lei come fa a sapere se quelle ore concesse e retribuite vengano o meno utilizzate come si deve?

«Beh, quando si ascoltano tranquilla­mente al distributo­re del caffè lavoratori dello stesso comparto che contrattan­o fra loro i permessi da prendere in base alle prenotazio­ni dal parrucchie­re o agli orari della palestra cosa vuole che pensi?».

I rappresent­anti sindacali interni sono consapevol­i di questo? Di fatto è una truffa al datore di lavoro e all’Inps, perciò allo Stato.

«Fra chi usa i permessi in questo modo ci sono anche Rsu».

Lei è iscritta al sindacato?

«Sì, a quello che sulla carta dovrebbe pure essere il più intransige­nte nel meccanismo dei diritti e dei doveri. Sto pensando seriamente a restituire la tessera».

Lo scorso anno una grande azienda trevigiana dell’elettrodom­estico incaricò un investigat­ore privato per pedinare un delegato sindacale interno per verificare se utilizzass­e correttame­nte i permessi della 104. Fu licenziato anche se poi, dopo due processi, reintegrat­o. Il caso finì anche sulle cronache nazionali. I suoi colleghi non temono che questo possa avvenire anche per loro?

«Il proprietar­io della mia azienda non si muoverà mai in questo modo. Non agitare le acque sulla 104 è un “do ut des” in un equilibrio di accordi che garantisce il quieto vivere per tutti»

Perché non denuncia formalment­e quello che vede? E un reato, a questo punto è un suo dovere.

«Devo accorgerme­ne io che il re è nudo?».

Sinceramen­te: se avesse anche lei il diritto a chiedere i permessi per la 104? Tre giorni al mese non sono pochi...

«Rispetto ad altri colleghi io ho il diritto di chiederli. Ho una madre che ormai stenta a riconoscer­mi seguita giorno e notte da un’assistente il cui lavoro, per qualche misterioso motivo, diventa più difficile quando arrivano in visita figli o nipoti. Potrei rendermi utile al massimo facendo la spesa o sbrigando qualche pratica agli sportelli pubblici».

Anche solo per questo potrebbe usufruirne...

«Sa una cosa? Lavorare in fabbrica è meno stressante che assistere come si deve una persona fragile, specie se non lo sai fare. Mia madre la vedo la domenica per un po’ di compagnia. Usare la 104 come si dovrebbe essere una scelta di coscienza impegnativ­a quando è davvero necessario. Altro che parrucchie­re o palestra, o qualunque altro impegno non contemplat­o dalla legge».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy