Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
LA CULTURA DIGITALE DIFFUSA
Nel corso di questa settimana, in 16 Regioni italiane si svolgeranno più di 150 eventi legati al Digital Meet, promosso da Fondazione Comunica e Talent Garden Padova. Non ci saranno solo incontri con esperti, funzionari, imprenditori, e manager per dimostrare quanto la trasformazione digitale sia in grado di cambiare la nostra vita professionale, sociale e privata. Ci sono anche iniziative inedite, come quella di un operatore della grande distribuzione organizzata che in alcuni dei suoi punti vendita e dentro un truck attrezzato e itinerante svolgerà dei brevi corsi di alfabetizzazione digitale, per far sperimentare a tutti i cittadini la navigazione su smartphone e spiegare i relativi vantaggi e rischi. La domanda che sorge spontanea è: ma c’era bisogno dell’ennesimo festival? I dati Eurostat, aggiornati a marzo 2018, ci dicono di sì. Se consideriamo la popolazione adulta che nei 12 mesi precedenti aveva effettuato almeno un acquisto on line di beni e servizi per uso privato, si verifica che la quota è pari al 75% in Germania, al 67% in Francia, al 50% in Spagna e che in Italia si ferma al 32%. Vero è che in Veneto ed Emilia Romagna, la percentuale sale al 39%, ma è solo una magra consolazione. Il divario rimane consistente anche per altri servizi, quali l’acquisto di viaggi on line (66% in Germania e 23% in Italia) o l’uso settimanale di internet banking (87% in Germania e 69% in Italia, anche se con punte del 73% in Veneto e del 75% in Emilia).
L’Alfabetizzazione Digitale (d’ora in poi A-Digit) è una delle sfide meno evidenti ma più rilevanti dell’epoca in cui viviamo. Usando un termine desueto, per colmare la distanza rispetto agli altri Paesi europei, servirebbe una sorta di «coscrizione digitale».
Nel sistema formativo, anche se in modo disomogeneo, il processo è stato già avviato, ma ci sono ampie fasce di popolazione in età lavorativa che non ha le basilari competenze in ambito digitale. L’A-Digit diffusa e capillare di questo segmento, oltre ad migliorare l’occupabilità delle persone «mature» che rischiano di essere espulse dal lavoro, è la precondizione per permettere al nostro sistema economico di innovare i processi di produzione del valore, di aumentare la produttività del lavoro e di riprendere a marciare speditamente. Senza azioni mirate in questa direzione, l’impatto degli investimenti in impianti e macchinari in ottica 4.0 rischia di rimanere solo un potenziale inespresso.
L’A-Digit dovrebbe anche essere pervasiva ed estendersi a tutti, indipendentemente dalla condizione professionale. Ci sono fasce della popolazione che sono escluse dall’accesso a beni e servizi o per le quali la fruizione è difficile o costosa, perché non sono in grado di utilizzare gli strumenti digitali. Pensiamo alla terza e al progressivo invecchiamento degli italiani. Nel 2017, nel nostro Paese c’erano 13,5 milioni over 65, pari al 22,3% della popolazione. Rendere queste persone confidenti «quanto basta» con gli strumenti tecnologici, permette loro di avere una maggiore autonomia e di incrementare il livello di socialità, con benefici effetti sulla salute non solo fisica: dal contatto con i servizi sanitari al fare la spesa, dal comunicare con familiari a gestire le relazioni con i conoscenti.
Senza l’A-Digit capillare, diffusa e pervasiva, pertanto, ci allontaneremo da una società più giusta e inclusiva. Pragmaticamente, non ce lo possiamo nemmeno permettere.