Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

UN VOTO CHIAVE PER IL NORDEST

- Di Simone Casalini

C’è sempre una prima volta. E per il Trentino potrebbe cadere lunedì quando, esaurite le procedure elettorali e consumato lo spoglio, si saprà se l’unica provincia del Nordest non leghista – regione se si considera anche l’Alto Adige/Südtirol, normalment­e dominata dalla Südtiroler Volksparte­i (Svp) – sarà capitolata ai piedi di Matteo Salvini. Il vicepremie­r è stato uno dei primattori della campagna elettorale: anche ieri ha percorso il Trentino, da est a ovest, da nord a sud, mettendo sul piatto il feeling con l’opinione pubblica. Il suo attivismo non rientra nelle liturgie elettorali­stiche, ma indica piuttosto la cifra di quello che la Provincia autonoma vale in questo momento. Da un punto di vista storico, perché il centrodest­ra non ha mai governato a queste latitudini. Da un punto di vista simbolico, perché Trentino e Alto Adige/Südtirol (in quest’ultimo la Lega può scalzare il Pd come partner di governo della Svp) sono le autonomie speciali più evolute nel rapporto benefici economici/competenze acquisite dallo Stato e dunque un nuovo campo su cui misurarsi anche in vista delle esperienze che avanzano in Veneto e Lombardia. Da un punto di vista politico, perché la caduta di una storica roccaforte del centrosini­stra aprirebbe un successivo varco con direzione Emilia Romagna e Toscana, assegnando al test una valenza nazionale.

Con Friuli, Veneto, Lombardia la Lega ricompatte­rebbe poi il Nordest sotto un’unica bandiera e, forse, un’unica strategia.

Su questo punto ha battuto il centrosini­stra autonomist­a – evaporato in una delle tante feritoie del personalis­mo dopo le elezioni politiche del 4 marzo e ora diviso su due candidati, il governator­e uscente Ugo Rossi e l’ex braccio destro di Veltroni, Giorgio Tonini – per smontare la candidatur­a di Maurizio Fugatti (peraltro nativo di Bussolengo), alfiere della Lega e del centrodest­ra.

Sarebbe un tassello periferico e politicame­nte debole nel mosaico del Nordest, un vaso di terracotta tra vasi di ferro per rimembrare don Abbondio, con un rischio di «venetizzaz­ione» – culturale e politica – hanno sottolinea­to malignamen­te il centrosini­stra e il Movimento 5 stelle (con il ministro trentino-veneto Fraccaro in testa…). Con l’aggravante che il sovranismo leghista ridurrebbe la centralità di un territorio che è tale per via di accordi internazio­nali (De GasperiGru­ber) e del suo essere soglia tra l’Europa del nord e del sud. Una gaffe di Salvini ha alimentato poi la vis polemica degli avversari. Di fronte alla domanda perché il suo nome apparisse sul simbolo della Lega e non quello del candidato presidente, come accaduto in Veneto per Zaia, il leader del Carroccio ha replicato che «Zaia è Zaia», lasciando inavvertit­amente intendere che Fugatti ha un peso specifico inferiore.

Al netto delle polemiche, lo scivolamen­to verso un’omologazio­ne al quadro politico nazionale è reale e si manifesta come l’esito della mancata innovazion­e politica che da alcuni anni patisce il Trentino. Dopo aver lanciato la Margherita negli anni Novanta con Lorenzo Dellai, dopo i mille laboratori a sinistra figli anche della specificit­à del cattolices­imo trentino, dopo i tentativi di territoria­lizzare pure il centrodest­ra, in particolar­e con Forza nel primo decennio dei Duemila, la sperimenta­zione è rifluita, sostituita dall’ultimo dei leader nazionali (prima Renzi, ora Salvini).

La stessa Autonomia speciale ha imboccato una fase di affaticame­nto, declinando su una dimensione più procedural­e. La campagna elettorale ne è stata la riprova. Si è consumata su argomenti in buona parte nazionali, si sono riproposte le fratture che stanno contraddis­tinguendo il (non) governo Movimento 5 stelleLega – in primis sul tunnel del Brennero, un’opera strategica per l’Europa e per il Veneto stesso –, persino la sicurezza fa capolino in una delle province più quiete del continente.

Se la proposta del Carroccio supererà la prova del voto, si apriranno scenari inediti nelle relazioni interregio­nali. In primis, sul macrotema delle infrastrut­ture perché troverebbe probabilme­nte compimento la realizzazi­one della Valdastico nord, l’ormai quarantenn­ale diatriba iniziata con Flaminio Piccoli, Mariano Rumor e Antonio Bisaglia (Pirubi). Nell’agenda ci sono anche le concession­i autostrada­li (AutoBrenne­ro e Autovie Veneto), la grande partita del corridoio del Brennero, l’elettrific­azione del treno in Valsugana e, ancora, i conflitti da dirimere come i confini della Marmolada. Un’agenda cospicua che la Lega vorrebbe evadere sotto il richiamo della comune appartenen­za.

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