Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

La scheda

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 Francesco De Piccoli, noto a tutti ormai come Franco, è nato il 27 novembre 1937 a Venezia e risiede tuttora a Campalto. Ex pugile dei pesi massimi, è stato il primo azzurro a vincere l’oro alle Olimpiadi nella categoria, battendo a Roma nel 1960 il sudafrican­o Daniel Bekker per ko alla prima ripresa.

 Per lui cinque anni sul ring tra i «big» con una lunga serie di vittorie che lo lanciano verso un combattime­nto per il titolo con l’allora campione mondiale Sonny Liston o con Cassius Clay.

 Nel 1963 un ko inatteso contro l’americano Wayne Bethea segna la parabola discendent­e per De Piccoli, che si ritirerà due anni dopo, a Mestre, in seguito a un ritiro sul ring.

 Ora De Piccoli vive ancora a Campalto con la famiglia

 Al sabato sul

le grandi storie dello sport, attraverso le interviste ai protagonis­ti dell’epoca. Sul nostro sito le puntate precedenti: Gelindo Bordin (atletica) e Bruno Cipolla (canottaggi­o)

Sul web

A casa di Francesco De Piccoli. Sul nostro sito il video curato da Mirco Toniolo

E allora, dancing. Perché se sei nato ballerino e finisci pugile, e che pugile, tutto ruota intorno ai movimenti. E perché, forse, c’è più vita reale nell’abbraccio alle corde di due uomini disfatti dallo sfinimento e dai pugni che in ogni figura del tango. Una vita piena di punti esclamativ­i ma sempre vissuta con il sorriso. Perché se sei stato l’ottavo re di Roma, un motivo ci sarà. Se hai fatto anche l’attore e sei citato da Vittorio Gassman in un capolavoro della cinematogr­afia come Il sorpasso, un motivo c’è. È la parabola di Francesco De Piccoli, per tutti Franco, da Campalto, propaggine di Venezia sospesa tra laguna e barene. Un gigante che a quasi 81 anni porta il carrello degli anni con grande freschezza e una memoria da far invidia a un ventenne. E, ci mancherebb­e, con un polso che fa capire come e perché questo ex ragazzo di campagna abbia vinto un oro olimpico nei pesi massimi a Roma 1960. Una parabola iniziata a 17 anni, nel 1955 e finita circa dieci anni dopo, all’improvviso, quando si è spenta la luce. Stop, ultima ripresa. Franco scavalla le corde per l’ultima volta e appende i guanti al chiodo. Di mezzo, un paio di brutte avventure sul quadrato. La prima nel marzo 1963, quando De Piccoli sembra ormai lanciato verso la sfida per il titolo mondiale con Sonny Liston, un diavolo del ring, o per incrociare i guantoni con un già superlativ­o Cassius Clay. E trova, a Roma, uno come Wayne Bethea che il diavolo l’ha già incontrato e ci ha rimesso sette denti. Franco non è al meglio ma l’incontro «s’ha da fare». E si ritrova al tappeto, addio ai sogni di gloria americani. Da lì una lenta ripresa, ma, nel 1965, un altra sconfitta per abbandono con Peter Weiland, a Mestre. E qui, a 28 anni, Franco dice basta.

De Piccoli, una vita come un romanzo, la sua...

«Difficile come poteva essere in quegli anni. E con un chiodo fisso: volevo diventare qualcuno nel mondo dello sport. Non soldi, non ricchezza: volevo fare qualcosa di importante e penso di esserci riuscito».

E la boxe non è stata certo il suo primo amore, giusto?

«Provai con il calcio da ragazzino con la Mestrina, ma mi feci male. Poi il ciclismo: mi piaceva ma ebbi un incidente finendo in un fossato. Stop anche con la bicicletta, troppo pericoa

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