Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Autonomia provinciale in stallo Sindaci tiepidi a un anno dal voto
Molte assenze annunciate per l’assemblea convocata domani da Padrin
BELLUNO Palazzo Piloni chiama a raccolta i sindaci per rivendicare l’autonomia della Provincia, ma la risposta è debole. L’assemblea straordinaria convocata dal presidente Roberto Padrin per capire come muoversi e quali strategie adottare a un anno dal referendum del 22 ottobre scorso, quando 107.519 bellunesi votarono a favore di una maggior autonomia del Bellunese si terrà domani pomeriggio.
I sindaci di Cortina e di Santa Giustina, rispettivamente Giampietro Ghedina ed Ennio Vigne, hanno già annunciato che non ci saranno. In «forse», a causa di impegni inderogabili, i primi cittadini di Belluno e Cesiomaggiore, Jacopo Massaro e Carlo Zanella. Mentre altri non avevano nemmeno letto l’invito e decideranno tra oggi e domani se partecipare.
L’incontro, a cui sono stati invitati anche i parlamentari bellunesi e la Regione, si preannuncia importante, ma il rischio è di ascoltare cose già sentite perché non dovrebbero esserci grandi novità.
«Siamo partiti — dice con amarezza Bepi Casagrande, sindaco di Pieve di Cadore — ma non abbiamo raggiunto nessun traguardo. Bisogna ribadire la necessità, più che la volontà, di ottenere ciò che ci spetta. Domani ci sarò sicuramente». Lo segue nel ragionamento il primo cittadino di Perarolo, Pierluigi Svaluto Ferro: «Riaffermeremo che se il Veneto ottiene qualcosa deve esserci un percorso differenziale per Belluno in modo da continuare a fare impresa e contrastare lo spopolamento. Penso anche alle agevolazioni fiscali: i piccoli centri non devono morire».
Insomma, tra i sindaci che si riuniranno domani a Palazzo Piloni c’è molta curiosità riguardo alle parole di Padrin, ma anche la consapevolezza che finora la Provincia non ha ottenuto nulla.
Una piccola novità arriverà a metà novembre dal tavolo tecnico-amministrativo formata dai «saggi» bellunesi Gianclaudio De Martin, Enrico Ganz, Maurizio Busatta e Diego Cason, che affianca quello economico-finanziario della Cgia (artigiani) di Mestre e che sta preparando un documento in cui verrà delineato il perimetro entro cui muoversi nelle trattative tra Stato-Regione.
«Abbiamo già prodotto qualcosa — spiega il sociologo Cason — ma il quadro è da completare e non è semplice. Auspichiamo che ci sia anche Belluno al tavolo romano delle trattative, per adesso dal punto di vista formale valiamo zero». E continua lo studioso: «Per le funzioni non bastano le competenze, ma occorrono risorse, persone, formazione. Altrimenti è il modo perfetto per dimostrare che la Provincia non è in grado di esercitarle. Magari ci viene trasferita una competenza, ma non abbiamo gli strumenti necessari per esercitarla. È il caso di “difesa del suolo”, “risorse idriche”, “caccia e pesca”».
Intanto ieri sera sui monti bellunesi sono stati accesi i 49 «fuochi per l’autonomia». È la settima edizione della manifestazione organizzata dal Bard (movimento Belluno autonoma regione Dolomiti), nata in occasione della grande mobilitazione in difesa della Provincia nel 2012. Il movimento sarà presente anche domani fuori da Palazzo Piloni per «sostenere i sindaci. Ad oggi si è parlato tanto della futura autonomia regionale, ma il discorso provinciale è rimasto indietro. È necessario che tanto a Roma quanto a Venezia l’autonomia bellunese entri nell’agenda politica».
Casagrande (Pieve di Cadore) Finora a mani vuote, ma sarò in assemblea per avere ciò che ci spetta