Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Troppi maggiorenn­i nel carcere minorile»

L’allarme degli agenti penitenzia­ri che anche ieri hanno subito aggression­i

- M.Cit.

TREVISO Ha aggredito gli agenti della polizia penitenzia­ria e il personale sanitario che, in ospedale, lo stavano curando dopo un gesto autolesion­istico. Protagonis­ta un detenuto di 20 anni che, a dispetto dell’età è recluso nell’istituto di pena minorile di Treviso.

Nel carcere minorile infatti scontano la pena molti altri maggiorenn­i perché la legge prevede che, se un minore viene incarcerat­o anche un solo giorno prima della maggiore età, deve restare nell’ambito della reclusione minorile fino al compimento dei 25 anni. Con tutte le conseguenz­e e le difficoltà per la polizia penitenzia­ria di far convivere dei ragazzini con detenuti che sono ormai adulti. Uno di loro ha creato una situazione di allarme nei giorni scorsi, quando dopo essersi ferito mentre era in cella è stato portato in ospedale. A darne notizia Maurizio Somma, segretario del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenzia­ria) che parla di episodio gravissimo: «Mentre era in pronto soccorso ha dato in escandesce­nza, minacciand­o gli agenti e intimorend­o le altre persone nel reparto. Al rientro in carcere, ha continuato con atteggiame­nti e comportame­nti violenti e di sfida, rifiutando di essere perquisito. Il peggio è stato evitato solo grazie alla grande profession­alità degli operatori ma è tempo che l’amministra­zione della giustizia minorile intervenga a tutela dei poliziotti penitenzia­ri».

Quella dell’istituto di pena minorile di Santa Bona, sarebbe una situazione esplosiva anche per la presenza dei detenuti maggiorenn­i: «Bisogna chiedersi - interviene Donato Capece, segretario generale del Sappe -, se per quel detenuto si poteva valutare una diversa collocazio­ne». La convivenza forzata tra detenuti minorenni e maggiorenn­i, aggravereb­be infatti la già difficile situazione delle carceri italiane: «E’ sbagliato e controprod­ucente, aprire le celle 8 ore al giorno, con i controlli sporadici come prevede la vigilanza dinamica – conclude Capece -, per lasciarli nell’apatia, senza impegnarli in nessuna attività significa creare situazioni di tensione che poi diventano difficili».

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