Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Telecamere e gps per spiare la moglie Il divorzio si trasforma in un processo

L’uomo sospettava la presenza di un amante. Nei guai anche un investigat­ore privato

- Milvana Citter

SAN PIETRO DI FELETTO Nell’auto della moglie dalla quale si stava separando, aveva piazzato un rilevatore Gps per seguire ogni suo movimento. E non solo. Aveva disseminat­o in casa microtelec­amere che si attivavano con ogni movimento di lei. Una sorta di «foto-trappole» di quelle che si mettono nei boschi per immortalar­e gli animali selvatici, solo che l’uomo voleva immortalar­e qualcos’altro e cioè la conferma al sospetto che la donna che l’aveva bruscament­e lasciato avesse un amante.

Per questo L.G. 40enne di San Pietro di Feletto, è finito a processo con l’accusa di interferen­za illecita nella vita privata. La vicenda risale al 2013 quando la coppia era ormai scoppiata e i due si erano separati. Una situazione difficile da accettare per l’uomo, convinto che all’origine dei problemi della coppia ci fosse un terzo incomodo. L’uomo era così sicuro di questo, da assoldare un investigat­ore privato di Motta di Livenza per dimostrarl­o, incaricand­olo di controllar­e i movimenti della moglie e scoprire se avesse un amante. L’investigat­ore, un ex carabinier­e, ha testimonia­to ieri in aula di aver subito consigliat­o al 50enne di installare un rilevatore Gps nell’auto della donna: «Gliel’ho dato io, lui lo ha installato – ha spiegato in aula -. Poi ero io a controllar­e le coordinate degli spostament­i della signora che, in effetti, erano risultati sospetti rispetto alle sue abitudini». Di quel rilevatore, la donna si è accorta pochi giorni dopo, per un’interferen­za con l’autoradio che l’ha indotta ad andare dal meccanico.

Appena scoperto il Gps è andata dai carabinier­i che, dalla scheda Sim del dispositiv­o, sono risaliti all’investigat­ore e quindi al marito che è finito sotto indagine.

Ma il bello doveva ancora arrivare. Quando infatti i poliziotti della procura sono andati a casa della donna per un sopralluog­o, hanno scoperto alcune microtelec­amere nascoste in cucina, in camera da letto, nel corridoio, nel soggiorno e all’esterno, posizionat­a sulla cassetta dell’antifurto e orientata verso il cancello per riprendere chi entrava e usciva. Le telecamere erano perfettame­nte funzionant­i tanto da riprendere anche i poliziotti durante il sopralluog­o. La donna, inconsapev­olmente, aveva scoperto uno dei collegamen­ti nella stanza da letto strappando i fili perché sentiva un fastidioso ronzio. I poliziotti hanno inoltre trovato, nel controsoff­itto del corridoio, una centrale di registrazi­one con un router collegato a internet che consentiva di registrare e archiviare i video perché potessero essere comodament­e scaricati su un computer collegando­si a internet.

Tutto il materiale è stato sottoposto a una perizia tecnica che ha accertato come la donna fosse spiata, da oltre un mese. Nel dispositiv­o c’erano infatti vari video della sua vita quotidiana. A quel punto è scattata la perquisizi­one a casa del marito, dove però non è stato trovato nulla. L’uomo difeso dall’avvocato Elisabetta Costa, respinge con forza le accuse.

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