Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Fondazione Nordest entra in Emilia Romagna
Carraro e il Rapporto 2018: «Non c’è declino, ma non attiriamo giovani»
VENEZIA Fondazione Nordest si allarga all’Emilia Romagna. Subito la ricerca, poi nuovi clienti e soci. La svolta è il punto centrale del rilancio della Fondazione.
VENEZIA Fondazione Nordest allarga i confini all’Emilia Romagna. Nel riassetto del centro di ricerca delle Confindustrie del Triveneto, la novità di maggior rilievo è probabilmente questa. Il superamento del Po è stato annunciato ieri dal presidente Giuseppe Bono, alla guida anche di Fincantieri, e dal direttore scientifico Carlo Carraro, presentando il convegno che dopodomani, all’Università di Padova, presenterà il Rapporto Nordest 2018, col sottosegretario alla presidenza del consiglio, Giancarlo Giorgetti e il ministro dell’Economia, Giovanni Tria.
L’allargamento dei confini va in due direzioni. Da subito, allargando l’ambito di ricerca all’Emilia Romagna che sarà la quarta regione nel Rapporto 2019. Perché la sostanza del modello locale è ormai lo stesso: «C’è un tessuto industriale simile e vivace, oltre a un’agricoltura fiorente, ad attività portuali e a un turismo marittimo», ha detto Bono.
Ma intanto sono già partiti anche i contatti con Confindustria Emilia Romagna nel tentativo di coinvolgerla tra i soci. L’idea, pur se non sono attesi esiti a breve, è di allargare la compagine sociale basata ora su Confindustria Veneto al 70%, Confindustria Friuli Venezia Giulia al 20% e Confindustria Trento al 10%. «Ma l’idea è di costruire collaborazioni a geometria variabile», come dice il direttore esecutivo della Fondazione Carlo Stilli. Fuor di metafora: se il finanziamento di Fondazione Nordest viene da un lato dai contributi stabili dei soci per le attività istituzionali, a partire dal Rapporto Nordest, dall’altro da quanto incassato con le ricerche commissionate (ad esempio da Intesa e Unicredit, dalle Fondazioni bancarie venete e da Cribis, o dalle territoriali di Confindustria) è chiaro che allargarsi all’Emilia Romagna permette di cercare ulteriori clienti e fonti di finanziamento, per sostenere il rilancio della Fondazione, dopo l’uscita delle Camere di commercio venete e la fine di altri contributi sostanziosi come quelli assicurati da Veneto Banca, che avevano ridotto i contributi stabili a 170 mila euro, facendone mancare oltre 200 mila.
Il tutto va nel segno di una razionalizzazione complessiva. Che ha portato ad esempio Bono a schierarsi senza mezzi termini per l’unica confindustria regionale in Friuli Venezia Giulia e a fare il tifo perché lo stesso schema prevalga anche in Veneto, «pur se mi rendo conto che è altra cosa. E tuttavia mi viene da ridere ha continuato Bono - nel vedere che il Veneto si veda come una nazione», salvo non riuscire a creare razionalizzazioni di questo tipo.
Per il resto parte la nuova Fondazione ridisegnata da Carraro. Che ha escluso che la presenza nell’advisory board insieme, tra gli altri, a Renzo Rosso di Otb e a Bruno Vianello di Texa, di Emma Marcegaglia, sia da collegare a piani di collaborazione o integrazione con la Luiss, presieduta dall’ex leader di Confindustria. Carraro ha poi detto che a Silvia Oliva e Gianluca Toschi verranno affiancati altri due ricercatori mentre verranno aperte altre 6 collaborazioni. E poi c’è la svolta su mezzi e linguaggi: «Abbiamo scelto una formula più semplice e con documenti più leggibili ha sostenuto Carraro -. In parallelo alla maggior presenza su web e social, che sta pagando in termini di visibilità».
E ancora, Carraro: «Abbiamo intitolato il rapporto una nuova competitività partendo dall’assunto della competitività ritrovata dopo la crisi, che ha riproiettato il Nordest ai vertici in Europa. Va sfatata l’idea del Nordest in declino. Ma di fronte ai segnali che qualcosa inizia a scricchiolare i problemi vanno affrontati per tempo. A partire dalla difficoltà del Nordest di attrarre giovani talenti».