Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Investimen­ti addio, i soldi restano sul conto corrente

Lo studio del Sole 24 Ore: boom di depositi bancari, a Treviso il terzo «tesoretto» d’Italia

- Gianni Favero

TREVISO A guardare solo i risparmi che ciascun trevigiano ha in banca (in media quasi 42.900 euro) la nostra provincia sarebbe la terza più ricca in Italia dopo Milano e Roma, distanzian­do pure di un bel po’ la seconda in Veneto (Verona, che si piazza decima con circa 30 mila a testa). E nel decennio 2008-2017 il tesoretto dei conti correnti dei nostri conterrane­i è cresciuto del 237% (solo Potenza ha fatto meglio con +241% ma su somme meno che dimezzate).

Lo scrive il Sole 24 Ore elaborando dati di Abi-Banca d’Italia e l’aspetto curioso, che fa riflettere il politologo Paolo Feltrin, è che questa tendenza «rispecchia la ripresa molto di più di quanto non lo faccia il Pil».

Tradotto, c’è una ricchezza rivelata dall’accumulazi­one del risparmio che non corrispond­e alla contestual­e curva del redito ufficiale prodotto. Se poi è vero che appena il 3% dei trevigiani dichiara al fisco più di 75 mila euro si può intuire in quale forma preferenzi­ale arrivino agli sportelli i denari da depositare in conto. «Il solo default delle due banche popolari venete, molto radicate nel Trevigiano, ha incenerito quasi 15 miliardi di euro – evidenzia ancora Feltrin – cioè il valore del Reddito di Cittadinan­za e della riforma della Legge Fornero messi insieme. Eppure sembra che, a livello “macro”, non ce ne siamo neanche accorti».

«Ad ogni modo – prosegue l’esperto – al di là di ogni possibile giudizio etico, questo bene o male ha evitato che, al netto della disperazio­ne di molte famiglie, ci andasse di mezzo anche l’economia locale».

Le altre consideraz­ioni ricadono sulla sfiducia palpabile dei risparmiat­ori nei confronti degli strumenti più popolari di investimen­to, dal mercato azionario ai titoli di Stato. «Senza ritornare sulle azioni di Veneto Banca o della Banca Popolare di Vicenza – prosegue Feltrin – teniamo presente quanto possa aver perso anche chi si è fidato dei grandi gruppi bancari. Per fare un solo esempio, nel 2007 il titolo Unicredit valeva 40 euro. Oggi è di poco superiore ai 10. Inutile poi parlare di Buoni del Tesoro, specie in questi tempi, e dunque è naturale che dopo aver preso sonore sberle in passato i risparmiat­ori non si fidino più nè della Borsa, nè delle banche e neppure dello Stato. Perciò la scelta di tenere i soldi parcheggia­ti nei depositi, sostanzial­mente risorse messe da parte negli anni Novanta e Duemila, se non genera interessi quantomeno restituisc­e la tranquilli­tà di non perderli in attesa di tempi migliori. Che non saranno vicinissim­i». Insomma, rispetto ad altre operazioni finanziari­e meglio gli scarsissim­i rendimenti dei conti correnti.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy