Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Il teste chiave dell’omicidio Rolle condannato per spaccio di droga Bilali avrebbe raccolto la confessione di Papa, ieri è tornato in carcere
CISON La prima volta che era stato convocato per raccontare la sua verità sul delitto di Rolle, non si era presentato in aula. Pochi giorni dopo era stato arrestato per detenzione ai fini di spaccio. E proprio per quell’arresto, ieri Charaf Eddine Bilali, il 32enne magrebino considerato il «teste chiave» dell’accusa nell’indagine sull’omicidio di Loris e Annamaria Nicolasi brutalmente uccisi nella loro villetta di Cison il primo marzo scorso, ieri è stato condannato, con rito abbreviato, a 2 anni e 6 mesi di reclusione (la procura aveva chiesto una condanna a 4 anni e 10 mesi). Prima di rendersi irreperibile, il 36enne aveva infatti dichiarato ai carabinieri, confermandolo poi davanti al giudice, che l’unico indiziato del delitto, il 36enne di Refrontolo Sergio Papa che con lui aveva trascorso i primi giorni di marzo, gli avrebbe confessato l’omicidio. «Li ho uccisi io», avrebbe detto Papa a Bilali. Ieri Bilali, difeso dall’avvocato Anna Sgambaro, è comparso davanti al gup Gianluigi Zulian che gli ha riconosciuto l’attenuante dell’ipotesi di spaccio lieve. Lo stesso giudice che il 17 luglio lo aspettava alla prima udienza dell’incidente probatorio nella quale il sostituto procuratore Davide Romanelli, che coordina l’indagine sul duplice delitto, voleva «cristallizzare» le sue dichiarazioni su Sergio Papa. Pochi giorni dopo però, il 21 luglio, il 32enne, tuttora detenuto in carcere, era stato arrestato. Alle 7 del mattino, infatti, si era presentato alla pasticceria Nascimben di Treviso, completamente ubriaco. In quell’occasione aveva iniziato a disturbare i titolari e i clienti, tanto che era stato chiesto l’intervento delle forze dell’ordine. Al loro arrivo, invece che calmarsi, si era agitato ancora di più e per questo era stato perquisito. Così gli erano stati trovati addosso circa 2 etti e mezzo di hashish.Per lui, già con vari precedenti alle spalle e noto per la sua attività di spaccio, erano così scattate le manette con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio. Dopo la convalida dell’arresto, era stato posto agli arresti domiciliari. Ben presto però era sparito nel nulla. Mettendo nuovamente a rischio l’incidente probatorio. Ma ad agosto, era stato rintracciato a Mestre, arrestato per evasione e portato di nuovo in carcere. Dalla cella non aveva potuto sottrarsi alla seconda udienza nella quale, dopo un’iniziale reticenza, aveva ammesso: «Mi ha detto di averli uccisi lui subito dopo aver visto un servizio al telegiornale nel quale avevano mostrato le foto delle vittime». All’inizio il 32enne non gli aveva creduto, ma Papa avrebbe continuato con le sue ammissioni: «Allora gli ho detto stai zitto, non dirmi più niente. La mia vita è già abbastanza complicata. Parlane con un prete, con chi vuoi. Costituisciti ma non dire più niente a me». Cosa che ha ribadito anche davanti al giudice e allo stesso Papa presente all’udienza. Confermando la sua posizione di teste molto importante per l’accusa.