Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Don Favarin dice di non farlo E lo minacciano di morte

- di Roberta Polese

PADOVA «Il concetto che volevo esprimere è talmente elementare che trovo imbarazzan­te tornarci sopra». Don Luca Favarin, che da anni a Padova si occupa di progetti di accoglienz­a per migranti, non si aspettava il clamore provocato da un suo post su Facebook: «Quest’anno non fare il presepe credo sia il più evangelico dei segni, non farlo per rispetto del Vangelo e dei suoi valori, non farlo per rispetto dei poveri», riferendos­i al simbolo di Gesù, povero e straniero, nato in una mangiatoia. I commenti al post sono stati feroci, e i messaggi e le mail private ancora peggio: minacce di morte colme di odio sono arrivate privatamen­te al sacerdote che ieri mattina ha ricevuto anche una lavata di capo dalla Curia. Il commento più «leggero» è giunto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini in persona che su twitter ha commentato la frase di don Luca: «Giù le mani da Gesù Bambino e dal presepe #vivailNata­le». «Sono rimasto stupito, poteva andarmi peggio con lui – spiega il religioso – e invece è stata la gente a coprirmi di insulti e minacce di uccidermi, ma mi spaventa di più la loro ignoranza, non le loro parole».

Don Favarin, che nella Bassa Padovana gestisce un progetto di accoglienz­a con 140 ragazzi africani, non è solo in questa sua battaglia. Al suo fianco ha anche altri parroci «di strada». «Noi andiamo avanti– racconta don Nardino Capovilla, parroco di Marghera – nessuna persona è illegale, daremo aiuto a tutti, come sempre». Anche don Nardino ha usato i social per diffondere il suo pensiero in merito all’ipocrisia che da un lato riconosce e festeggia in Natale, e dall’altro applaude leggi che condannano i poveri a diventare invisibili. Il sacerdote ha ripreso un articolo del quotidiano Avvenire. «La denuncia e la condanna più dura e originale della legge anti-immigrati viene dal giornale dei Vescovi: la chiama ‘La legge della strada’ – scrive il prete - Infatti, non solo è dura ma feroce e non solo in queste ore ha già messo in strada e ridotto in povertà come homeless centinaia di rifugiati col permesso “umanitario” in mano, ma, “darwiniana­mente, li elimina”. Domenica prossima a Messa, prima di accendere la seconda candela, sarà meglio che io pensi a chi è quel Dio che invoco nella liturgia».

Due critiche, quelle di don Luca e di don Nardino, che hanno un obiettivo comune: riconoscer­e nella statuetta di Gesù il prossimo, il povero, lo straniero. «Mi sembra ovvio che il presepe non è una collezione di statuine ma un simbolo in cui riconoscer­si – spiega don Favarin – ma a fronte dei pesantissi­mi insulti ricevuti non ho avuto un frammento di solidariet­à da parte delle istituzion­i».

Una replica a don Favarin arriva da Elena Donazzan, assessore regionale del Veneto all’Istruzione: «La risposta più bella alla provocazio­ne di don Favarin l’hanno data le scuole, ben 546 istituti hanno partecipat­o al bando sui presepi della Regione, e hanno capito che il presepe è un’esperienza culturale».

Don Luca Ho detto di non fare il presepe per rispetto dei poveri

Salvini Giù le mani da Gesù Bambino e dal presepe Viva il Natale

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