Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Crespano e Paderno, seimila al voto per fare la prima fusione della Marca L’unico tentativo precedente (Villorba e Povegliano) era stato fallimentare
TREVISO Pieve del Grappa potrebbe nascere domani, unendo forze e servizi di due Comuni della Pedemontana trevigiana che già da 4 anni hanno avviato un percorso associativo e ora tentano di fare il passo in più.
La decisione è nelle mani e nelle schede elettorali di seimila cittadini che oggi, dalle 7 alle 23, voteranno al referendum per la fusione fra Crespano e Paderno del Grappa.
I sindaci hanno iniziato la campagna informativa quasi due anni fa, spiegando quali saranno i benefici e affrontando le resistenze con esempi concreti: maggiori entrate derivanti da finanziamenti statali e regionali (circa 9 milioni di euro in più in 10 anni), la razionalizzazione del funzionamento degli uffici e dei servizi, un peso maggiore nei rapporti istituzionali raddoppiando estensione e popolazione, scelte di più ampia scala su temi ambientali e di programmazione. Sono 15 in Veneto oggi i referendum: se quello trevigiano dovesse andare in porto, gli attuali sindaci rimarrebbero in carica fino alla legge di istituzione del nuovo Comune, entro febbraio, alla quale seguirebbe un commissariamento fino alle nuove elezioni. «Piccolo» non basta, i campanili non bastano, bisogna aggregare.
Gli elettori a Paderno sono 2.353, a Crespano 3.987, comprensivi di iscritti Aire. «Chiedo a tutti di credere nella nuova realtà che andiamo a costruire, solida ed efficiente – afferma Giovanni Bertoni (Paderno) - un modo per superare le difficoltà che oggi vivono i piccoli Comuni come la scarsità del personale. Non dobbiamo avere paura, non è un salto nel buio ma una certezza. Se passerà il sì già dal prossimo anno le aliquote Imu e Tasi saranno portate al livello inferiore dei due territori». «I vantaggi per la comunità saranno molteplici – aggiunge Annalisa Rampin (Crespano) –. Dal 2014 abbiamo associato le funzioni con Castelcucco e Borso del Grappa, garantendo migliori servizi ai cittadini. Non verrà tolto alcunché ai singoli, mentre per il territorio sarà una grande opportunità».
I sindacati si sono già espressi favorevolmente, la Cisl incoraggia la politica «a proseguire sulla strada delle fusioni dei piccoli Comuni, specialmente nelle comunità dove c’è omogeneità di tradizioni, cultura e ambiente», la Cgil assicura che «la fusione non è una perdita di identità ma un toccasana per la gestione della cosa pubblica», e anche il segretario provinciale del Pd Giovanni Zorzi chiude: «È un’occasione per togliere sprechi e burocrazia, per ottimizzare risorse e competenze condivise».
Molti sindaci hanno aggregato attività e funzioni con i vicini, in particolare polizia locale, servizi sociali, uffici tributari e generali, ottenendone dei vantaggi economici e pratici. Il precedente che tutti hanno in mente però è la tentata fusione del 2014 fra Villorba e Povegliano in Terralta Veneta, un referendum naufragato: l’affluenza era stata poco incisiva, di poco superiore al 35%, la maggioranza si era espressa per il no. Ora ci riprovano due Comuni che insieme fanno metà degli abitanti della sola Villorba.