Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Lesioni e minacce» L’ex boss Maniero è sotto accusa a Roma
L’ex boss della Mala sotto inchiesta. La Cassazione riapre il processo
VENEZIA Minacce e lesioni. Sono le accuse che la procura di Roma rivolge a Felice Maniero. I fatti -risalgono a qualche anno fa ma emergono soltanto ora perché la Corte di Cassazione ha annullato la precedente sentenza del giudice di pace ordinando un nuovo procedimento nei confronti dell’ex boss della Mala del Brenta.
VENEZIA Felice Maniero sotto inchiesta da parte della procura di Roma per una brutta storia di minacce, alla cui vittima avrebbe anche inferto delle lesioni. E così, l’ex boss della Mala del Brenta dovrà comparire nuovamente davanti a un giudice nelle vesti di imputato.
I contorni della vicenda sono ancora poco chiari - anche il suo difensore, l’avvocato Gabriele Gennaccari, si trincera dietro un secco «no comment» - e probabilmente sarebbe rimasta segreta se il procuratore di Roma non avesse deciso di presentare un ricorso davanti alla Corte di Cassazione, contestando la decisione del giudice di pace della capitale, che per primo aveva esaminato il caso.
Faccia d’Angelo, che da anni vive sotto falso nome dopo che con le sue rivelazioni ha consentito alla magistratura di smantellare la Mala del Brenta, era accusato dagli inquirenti romani dei reati di lesioni, minacce e ingiuria.
Pare che l’episodio sia emerso in seguito alla querela sporta dalla presunta vittima. Di certo, risale ad alcuni anni fa, quando Maniero si guadagnava da vivere come imprenditore e girava l’Italia per affari. Il giudice di pace si era espresso il 28 novembre del 2016 con una sentenza che pareva aver definitivamente tolto dai guai l’ex capo indiscusso della mafia veneta: da un lato non si poteva procedere perché quello di ingiuria «non è più previsto dalla legge come reato» (un decreto legislativo entrato in vigore due anni fa l’ha trasformato in «illecito civile» per il quale, al massimo, si rischia di dover pagare una sanzione); dall’altro - sosteneva il giudice - le accuse di minacce e ingiuria andavano considerate «estinte» per remissione di querela. In pratica la vittima aveva rinunciato a procedere contro Felice Maniero.
Una decisione che non ha convinto la procura di Roma, che infatti ha ottenuto dalla Cassazione l’annullamento della sentenza «con rinvio al giudice di pace di Roma per un nuovo giudizio limitatamente ai reati previsti dagli articoli 582 (lesioni, ndr) e 612 (minacce, ndr)».
Un nuovo procedimento, quindi. Perché la Suprema Corte pur confermato l’assoluzione di Maniero per le ingiurie («In ragione della intervenuta depenalizzazione», si legge nella sentenza pubblicata martedì scorso), ha riscontrato un clamoroso errore commesso dal giudice di pace: «Ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta remissione di querela spiega la Corte di Cassazione - sulla base di una remissione che riguarda, invero, altro procedimento e altro imputato». Insomma, avrebbe confuso la (presunta) vittima del boss di Campolongo Maggiore, con qualcun altro «incorrendo in un evidente travisamento documentale».
La sentenza, costringerà Maniero a ripresentarsi davanti a un giudice, come imputato. Proprio lui che l’ultima volta - nel maggio scorso aveva messo piede in tribunale in qualità di testimone dell’accusa, nel processo contro il broker toscano accusato di aver aiutato suo cognato a gestire il tesoro della Mala.