Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Gli avversari di un tempo «Che spreco, si potevano sistemare e riutilizzare»
MESTRE «Un errore abbattere quelle casette». Da sempre su fronti opposti sul Villaggio Sinti, oggi la consigliera leghista Silvana Tosi e l’ex assessore al Sociale e al Bilancio Sandro Simionato la pensano allo stesso modo: le ruspe anche no. Perché è stato speso del danaro pubblico e demolire vuol dire buttare al vento oltre 3 milioni. «Non andava realizzato – dice la Tosi, che all’epoca si oppose con presidi notte e giorno - Ma visto che è stato realizzato, le casette dovevano essere tutelate. Potevano essere rimodernate, affidate ad associazioni, ampliate con una veranda o unendo i due moduli e assegnate ad anziani o a persone con ridotta capacità motoria. E invece la giunta ha deciso da sola, senza nessun coinvolgimento del consiglio, della maggioranza, senza alcun confronto in commissione. Io l’ho saputo dal giornale, dopo che ad agosto avevo chiesto al sindaco che almeno due casette venissero mantenute per dare rifugio alla colonia felina della zona che ora starà al freddo e alla mercé dei cacciatori».
La manutenzione è mancata negli ultimi anni, le strutture si sono degradate. «Gli edifici non vanno lasciati deteriorarsi; per non sprecare danaro pubblico, potevano essere usati per altre funzioni – riflette Simionato – Abbattere mi sembra una logica salviniana».
Dieci anni dopo, la città si chiede se sia stato giusto realizzare quel villaggio, se ha davvero svolto una funzione sociale. Per la Chiesa non c’è alcun dubbio: il villaggio è stato utile. «In quella fase, in quella situazione, bisognava creare un contenitore per fare il passaggio successivo dal campo di via Vallenari che era nel fango e con una sola doccia in comune, all’appartamento in condominio – annuisce don Dino Pistolato, all’epoca responsabile della Caritas – È stato uno strumento educativo, pedagogico e dal mio punto di vista andava fatto. Non sono d’accordo sul fatto che siano stati soldi
Don Pistolato Non sono stati soldi spesi male: fu una «risposta ponte»
Silvana Tosi Le casette dovevano essere tutelate. Potevano essere rimodernate, affidate ad associazioni, anziani o persone con ridotta capacità motoria.
spesi male: è stata una riposta-ponte. E bisogna distinguere tra chi delinque e chi è in difficoltà: ho seguito casi di persone sole in quel villaggio che rischiavano letteralmente di morire di fame».
Prima la roulotte, poi la casa piccola con scoperto, poi l’appartamento: questo il percorso, oggi arrivato (quasi) a conclusione. «In via Vallenari vivevano in uno stato disumano – ribadisce Simionato – Quella era una vergogna e lì ci volevano le ruspe. Ma bisognava dare un’alternativa credibile. Il Villaggio è stato un percorso, che per alcune persone si è concluso».
La vita in appartamento, i figli a scuola, l’inserimento sociale e lavorativo: via del Granoturco ha permesso di lasciarsi alle spalle l’esclusione sociale. «No. Abito lì vicino, spesso vado a parlare con i residenti, ho fatto ripetizioni agli scolari del Villaggio e ho visto come andavano le cose - obietta Silvana Tosi - Alle feste di compleanno dei bambini non andava nessuno perché era un ghetto; e oggi ai ragazzi che hanno studiato nessuno dà lavoro per il cognome che portano: ci vogliono percorsi di inclusione e su questo non ci siamo: la funzione sociale non è stata compiuta. È stato un luogo di segregazione». «Chiediamoci se al campo di via Vallenari si potevano immaginare feste di compleanno», ribatte Simionato.