Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

I soldi dei Casalesi riciclati a Nordest

Due arresti in Veneto. Il clan intimidiva le vittime mostrando foto dei familiari: «È tuo figlio...»

- Priante

VENEZIA Sette arresti per estorsione con l’aggravante del metodo mafioso sono state eseguite su richiesta della Procura distrettua­le antimafia di Trieste. Il gruppo, che sarebbe collegato al clan dei Casalesi, avrebbe preteso denaro da almeno quattro profession­isti tentando così di recuperare tra i dieci e i dodici milioni di euro che la Camorra avrebbe perso negli investimen­ti di Fabio Gaiatto «il Madoff del Veneto». Alle vittime avrebbero mostrato fotografie delle loro case e dei loro familiari, per dimostrare che erano in grado di colpirli in qualunque momento.

VENEZIA I soldi della Camorra finivano nelle mani di Fabio Gaiatto, il «Madoff del Veneto», il broker veneziano che architettò la maxi truffa della «Venice Forex Investment­s», che si lasciò dietro un buco da settantadu­e milioni di euro e oltre tremila vittime. Tra queste, si scopre ora, ci sarebbero stati anche alcuni esponenti del clan dei Casalesi che utilizzava­no il trader per investire in Croazia i soldi sporchi e farli rientrare «puliti». Peccato che nel valzer di operazioni messo in piedi da Gaiatto, abbiano perso tra i dieci e i dodici milioni di euro. Denaro che, in un modo o nell’altro, le famiglie mafiose volevano riprenders­i.

All’alba di ieri, Dda di Trieste ha arrestato sette uomini, quasi tutti campani. Tra i destinatar­i della misura cautelare ci sono anche il broker stesso (che era già in carcere a Pordenone) e Francesco Salvatore Paolo Iozzino, 56 anni, imprendito­re di origini napoletane ma che da molti anni abita a Resana, in provincia di Treviso. Sono accusati di aver messo in piedi un sistema di estorsioni nei confronti di tre uomini d’affari italiani e di una consulente finanziari­a croata, tutti - almeno in passato - entrati in contatto con la Venice Investment­s.

Stando a quanto ricostrui- to dalla procura distrettua­le antimafia, alcuni emissari del clan si sarebbero presentati a Gaiatto pretendend­o di rientrare del denaro che, attraverso la sua società, avevano investito all’estero. E per fargli capire che facevano sul serio, qualcuno di loro stava sempre accanto al broker «per controllar­lo e proteggerl­o», si legge nell’ordinanza di custodia cautelare: in casa o quando si spostava, al fianco del trader c’era sempre un camorrista.

A quel punto, il veneziano forse per paura di finire ammazzato o solo perché convinto di poter scaricare le colpe su altri - avrebbe fatto il nome dei tre imprendito­ri e della consulente croata, sostenendo che se i soldi erano spariti la responsabi­lità era (anche) loro. Il gruppo di campani si è quindi messo sulle tracce dei quattro: li ha seguiti e fotografat­i. Poi sono passati alle minacce, pretendend­o che consegnass­ero loro - attraverso il solito Gaiatto - tutto il denaro di cui disponevan­o. Per intimidirl­i, avrebbero anche mostrato le fotografie che ritraevano le case, le vetture con le quali si spostavano e perfino i loro familiari. Il messaggio era chiaro: sappiamo dove abitate e possiamo colpire i vostri cari.

In questo modo hanno costretto la consulente a rinunciare ai 100mila euro che il broker le doveva e che nei mesi scorsi le aveva consentito di ottenere dalle autorità croate il blocco di tutti i conti corrente bancari collegati alla Venice Investment e alla società Studio Holding, entrambe di Gaiatto.

Ai tre italiani è andata peggio. Uno di loro - un broker con società a Pola, in Croazia, che in passato aveva collaborat­o con il veneziano - è stato costretto a intestare al «collega» un terreno e quattro casolari (per un valore di 370mila euro) e sei auto di lusso. Tra queste, anche un Range Rover e un Porsche Cayenne ricevuti da una coppia di fratelli. Sono loro le altre due vittime italiane. Raggiunti dal clan, i due uomini che attraverso le loro società di consulenza finanziari­a in passato erano entrati in affari con il broker - sono stati costretti a «prestare» alla Venice Investment 50mila euro e a firmare un accordo con il quale rinunciava­no a 3,4 milioni di euro che Gaiatto doveva loro.

Il broker, raggiunto dall’ordinanza di arresto nella cella nel carcere di Pordenone, ieri pomeriggio ha incontrato il suo avvocato Guido Galletti. «Non ho mai avuto il sospetto che parte dei soldi che ricevevo potessero arrivare dal clan dei Casalesi», gli ha assicurato. «Di certo Gaiatto non è un mafioso - spiega il difensore - ha commesso degli errori ma lui stesso è vittima di persone senza scrupoli che potrebbero aver cercato di inserirsi, forse in modo illecito, nel dissesto finanziari­o della Venice Investment».

Per la Dda, l’indagine è la conferma di come il Nordest sia ormai considerat­a un’area fondamenta­le per la criminalit­à organizzat­a, che qui investe e ricicla il denaro sporco.

«Piano piano abbiamo una mappatura di carattere generale - ammette il procurator­e di Trieste, Carlo Mastelloni che ci può consentire di non parlare neanche più di infiltrazi­oni ma di insediamen­ti insidiosi» da parte della criminalit­à organizzat­a sul territorio. «Qui non era mai accaduto un fatto del genere prosegue - con sette persone alle quali si contesta l’aggravante del metodo mafioso. Ciò dà modo di pensare a un’allocazion­e non temporanea di queste organizzaz­ioni nella nostra zona».

Il blitz La Dia di Trieste e la guardia di finanza ieri hanno eseguito sette ordini di arresto

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In carcere Fabio Gaiatto, 43 anni, è il broker di Portogruar­o finito in cella

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