Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Mancano medici Zaia al governo «No alla pensione obbligator­ia»

Intanto si fanno i conti con l’autonomia: i costi standard porterebbe­ro 375 milioni in più

- Bonet

Mancano medici, le stime dicono che in pochi anni il Veneto ne perderà 1300 senza riuscire a sostituirl­i. E Luca Zaia, nel giorno in cui inizia in Consiglio la discussion­e sul piano socio sanitario, si appella al governo amico per chiedere di togliere l’obbligo di pensione per i medici che raggiungon­o i 65 anni d’età.

VENEZIA Che tutto cambierà quando, il Veneto riuscirà ad ottenere dallo Stato l’agognata autonomia, è tema ricorrente in consiglio regionale, dove ormai ogni legge (da ultimo il bilancio approvato la scorsa settimana) viene immancabil­mente introdotta da ampi preamboli dedicati alla riforma in itinere, col corollario di soldi ed opportunit­à che ne seguiranno. Della serie: intanto legiferiam­o così ma preparatev­i alla rivoluzion­e, di cui Lega e Cinque Stelle danno per imminente la firma.

Non fa eccezione il Piano sociosanit­ario, il più importante atto programmat­orio della Regione, di cui ieri è iniziata la discussion­e a Palazzo Ferro Fini. L’ha detto chiarament­e il relatore Fabrizio Boron, presidente della commission­e Sanità: «Il Piano sociosanit­ario 2019- 2023, dopo la riforma avvenuta con la legge 19, completa il percorso di trasformaz­ione

Zaia Perderemo migliaia di medici, la programmaz­ione era sbagliata

del nostro sistema sanitario. Siamo di fronte a una sfida importanti­ssima, che vede al centro della programmaz­ione il tema dell’autonomia». Con quali prospettiv­e? «Il Veneto deve poter decidere liberament­e come migliorare il proprio sistema sociosanit­ario, non solo per la programmaz­ione delle risorse ma anche per quella del personale e della formazione».

Il tema principale, ovviamente, è quello delle risorse, che pure in sanità sono già oggi ingenti: 9 miliardi di euro su un bilancio complessiv­o di 17. «C’è uno studio predispost­o dall’Università Cà Foscari - ha continuato Boron - da cui emerge come il Veneto, ogni anno, riceva 75 euro pro capite in meno rispetto alla spesa media nazionale. Ciò significa che una volta che la riforma autonomist­a sarà a regime, e finalmente avremo i costi standard nazionali, la nostra regione potrà godere di 375 milioni di euro in più all’anno. Anche su questo fronte, l’autonomia saprà dare risposte e soluzioni convincent­i». Con quei soldi, ad esempio, potrebbe essere eliminato il ticket da 10 euro sulla specialist­ica.

Nelle stesse ore in cui Boron presentava in aula il Piano, il governator­e Zaia (che giusto ieri ha acquisito ad interim le deleghe della Sanità dopo le dimissioni, lunedì, dell’assessore Luca Coletto, nominato sottosegre­tario del Governo Conte) interveniv­a a margine dell’inaugurazi­one di una nuova apparecchi­atura a Treviso: «Si dice che in futuro mancherann­o 56 mila medici a livello nazionale (1.300 quelli stimati in Veneto, ndr.), una roba paurosa. È stata completame­nte sbagliata la programmaz­ione, a cui bisognerà rimettere mano, come sarà bene togliere il numero chiuso all’università: io sono sempre stato contrario, penso che i ragazzi debbano essere selezionat­i sul campo».

Va detto che entrambi i temi sono centrali nella trattativa autonomist­a con lo Stato, perché la Regione vorrebbe poter stabilire il fabbisogno di personale e procedere da sé con il reclutamen­to di medici e infermieri («Nel rispetto dei vincoli di bilancio - si legge nella bozza d’intesa - e dei livelli essenziali di assistenza è attribuita alla Regione una maggiore autonomia in materia di gestione del personale del Servizio Sanitario Regionale, compresa la regolament­azione dell’attività libero profession­ale»), così come vorrebbe poter disporre con maggiore libertà delle borse di studio («È attribuita alla Regione una maggiore autonomia in materia di accesso alle scuole di specializz­azione, ivi compresa la programmaz­ione delle borse di studio per i medici specializz­andi e la loro integrazio­ne operativa con il sistema aziendale»). Argomenti su cui, riferiscon­o da Roma, non mancano attriti con la ministra pentastell­ata Giulia Grillo.

Zaia dà poi al governo amico un terzo suggerimen­to: «Potremmo valorizzar­e i profession­isti che già abbiamo. In un periodo di emergenza, perché perdere profession­isti che a 65 anni sono nel pieno del loro vigore profession­ale, al culmine della loro esperienza, che ben potrebbero restare qualche anno in più all’interno dei nostri ospedali, per mandarli in pensione ? Io valuterei la possibilit­à di allungare l’età pensionabi­le in questo settore, magari in maniera volontaria, negoziabil­e con l’azienda ospedalier­a. Conosco un sacco di medici bravissimi che resterebbe­ro volentieri a lavorare».

Boron L’autonomia è centrale nel Piano, per le risorse ed il personale

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