Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Il denaro serve alle nostre famiglie e voi siete morti che camminano»

- Andrea Priante

VENEZIA Sarà stato anche un broker. Uno abituato a girare in giacca e cravatta, a stringere mani e a discutere d’affari cenando nei migliori ristoranti del Veneto. Ma Fabio Gaiatto, 43 anni di Portogruar­o, non ha impiegato poi molto a imparare a scimmiotta­re i metodi che usavano i suoi clienti in odore di camorra.

Per costringer­e due imprendito­ri a intestargl­i le loro auto di lusso (una Porsche Cayenne e un Range Rover) e a rinunciare ai crediti per 3,4 milioni di euro che vantavano con la sua Venice Investment, si era presentato in ufficio spalleggia­to dagli «sgherri» del clan Casalesi: «Siete due morti che camminano», ha detto loro mentre con la mano faceva il segno della croce. Efficace, visto che i due avevano subito ceduto.

Con altri creditori che l’avevano denunciato alle autorità croate, invece, preferiva seguire strade più pacifiche. Era perfino disposto a pagare loro un milione di euro, pur ché ritirasser­o la querela, in modo da vedersi finalmente sbloccare i conti corrente sequestrat­i alle sue società e poter incassare i dieci milioni che pretendeva il clan: «Dico una monata: se me ne tira su anche dieci milioni, darvi un milione io te lo giuro non ho problemi, perché per me erano persi», diceva.

Nell’ordinanza di arresto, vengono descritte le minacce alle quali sono state sottoposte le quattro vittime (tre uomini d’affari italiani e una commercial­ista croata) dell’estorsione che aveva come unico scopo quello di far recuperare alla camorra i soldi persi nella debacle finanziari­a di Gaiatto.

Il 6 febbraio Gennaro Celentano, detto «Genny», 34 anni di Napoli, compare nello studio della commercial­ista, a Pola, e si presenta subito «come appartenen­te al clan dei Casalesi, nipote di un boss che chiamava “Zio”». E le dice: «Attenta a quello che può accadere a te e alla tua famiglia». Alle altre vittime dell’estorsione, invece spiega: «Noi siamo i casalesi, quelli veri, non gli altri... siamo amici... tranquilli... Gaiatto ci ha detto che una parte dei nostri soldi sono finiti a Pola, siamo venuti a vedere se li avete voi. Questi soldi servono per mantenere le nostre famiglie, siamo in tanti...».

Un altro degli indagati, intercetta­to al telefono, racconta ciò che Gaiatto gli aveva detto per scaricare le colpe sulla croata che poi sarebbe finita nella morsa dei camorristi: «Una commercial­ista sua ha fatto le truffe, hai capito? E mò noi gli dobbiamo recuperare tutte cose! Dobbiamo recuperare tutte cose!».

A minacciare i due «morti che camminano» (una coppia di fratelli che hanno diversi affari in Croazia), erano anche Celentano e Francesco Salvatore Paolo Iozzino, 56 anni, di origini napoletane ma residente a Resana, nel Trevigiano. Parlando a uno dei fratelli, Celentano gli intima «di fare un regalo di 20mila euro» visto che «era caduto in piedi e quindi sei in debito con n0i», nel senso che, non avendo riportato grosse perdite nel crac patito dalla società di Gaiatto, poteva pagare.

Le minacce arrivavano anche da alcuni criminali stranieri collegati al broker veneziano. Due di loro si sono presentati nell’ufficio della commercial­ista croata «preannunci­ando gravi conseguenz­e per la sua incolumità» - si legge nell’ordinanza se non avesse convinto un suo collaborat­ore a ritirare la denuncia nei confronti di Gaiatto. «Mi disse - ha raccontato la profession­ista agli investigat­ori - di fare molta attenzione a quello che poteva accadermi».

Una delle vittime «Mi disse che dovevo fare molta attenzione a quello che poteva accadermi»

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