Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Il denaro serve alle nostre famiglie e voi siete morti che camminano»
VENEZIA Sarà stato anche un broker. Uno abituato a girare in giacca e cravatta, a stringere mani e a discutere d’affari cenando nei migliori ristoranti del Veneto. Ma Fabio Gaiatto, 43 anni di Portogruaro, non ha impiegato poi molto a imparare a scimmiottare i metodi che usavano i suoi clienti in odore di camorra.
Per costringere due imprenditori a intestargli le loro auto di lusso (una Porsche Cayenne e un Range Rover) e a rinunciare ai crediti per 3,4 milioni di euro che vantavano con la sua Venice Investment, si era presentato in ufficio spalleggiato dagli «sgherri» del clan Casalesi: «Siete due morti che camminano», ha detto loro mentre con la mano faceva il segno della croce. Efficace, visto che i due avevano subito ceduto.
Con altri creditori che l’avevano denunciato alle autorità croate, invece, preferiva seguire strade più pacifiche. Era perfino disposto a pagare loro un milione di euro, pur ché ritirassero la querela, in modo da vedersi finalmente sbloccare i conti corrente sequestrati alle sue società e poter incassare i dieci milioni che pretendeva il clan: «Dico una monata: se me ne tira su anche dieci milioni, darvi un milione io te lo giuro non ho problemi, perché per me erano persi», diceva.
Nell’ordinanza di arresto, vengono descritte le minacce alle quali sono state sottoposte le quattro vittime (tre uomini d’affari italiani e una commercialista croata) dell’estorsione che aveva come unico scopo quello di far recuperare alla camorra i soldi persi nella debacle finanziaria di Gaiatto.
Il 6 febbraio Gennaro Celentano, detto «Genny», 34 anni di Napoli, compare nello studio della commercialista, a Pola, e si presenta subito «come appartenente al clan dei Casalesi, nipote di un boss che chiamava “Zio”». E le dice: «Attenta a quello che può accadere a te e alla tua famiglia». Alle altre vittime dell’estorsione, invece spiega: «Noi siamo i casalesi, quelli veri, non gli altri... siamo amici... tranquilli... Gaiatto ci ha detto che una parte dei nostri soldi sono finiti a Pola, siamo venuti a vedere se li avete voi. Questi soldi servono per mantenere le nostre famiglie, siamo in tanti...».
Un altro degli indagati, intercettato al telefono, racconta ciò che Gaiatto gli aveva detto per scaricare le colpe sulla croata che poi sarebbe finita nella morsa dei camorristi: «Una commercialista sua ha fatto le truffe, hai capito? E mò noi gli dobbiamo recuperare tutte cose! Dobbiamo recuperare tutte cose!».
A minacciare i due «morti che camminano» (una coppia di fratelli che hanno diversi affari in Croazia), erano anche Celentano e Francesco Salvatore Paolo Iozzino, 56 anni, di origini napoletane ma residente a Resana, nel Trevigiano. Parlando a uno dei fratelli, Celentano gli intima «di fare un regalo di 20mila euro» visto che «era caduto in piedi e quindi sei in debito con n0i», nel senso che, non avendo riportato grosse perdite nel crac patito dalla società di Gaiatto, poteva pagare.
Le minacce arrivavano anche da alcuni criminali stranieri collegati al broker veneziano. Due di loro si sono presentati nell’ufficio della commercialista croata «preannunciando gravi conseguenze per la sua incolumità» - si legge nell’ordinanza se non avesse convinto un suo collaboratore a ritirare la denuncia nei confronti di Gaiatto. «Mi disse - ha raccontato la professionista agli investigatori - di fare molta attenzione a quello che poteva accadermi».
Una delle vittime «Mi disse che dovevo fare molta attenzione a quello che poteva accadermi»