Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Lettere, cene e retroscena. Il saggio di Colasio che toglie il velo alla storia dell’Ulivo di Prodi «Un’idea che non fu in grado di fare sintesi»

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Non è un libro di archeologi­a, anche se parla dell’Ulivo. Ricordate? Ventitré anni fa apparve quel simbolo fatto di foglioline verdi che danzavano nello spazio, ispirate a La danse di Matisse, e che univano il colore della speranza ad un apostrofo rosso. Dentro e dietro quel disegnino c’era un’idea politica forte, e nuova nel panorama cosparso di macerie dell’ex Prima Repubblica. La genesi di quest’idea, la sua costruzion­e nella realtà politica del tempo, i suoi risultati e infine il suo declino sono raccontati in un libro che Andrea Colasio, vestito più da storico che da politologo qual è, presenta oggi (martedì 18 dicembre) a Padova (Palazzo Moroni, sala degli Anziani, ore 17.30).

«Il tempo dell’Ulivo», edito da il Mulino, è un testo di avventura politica, il linguaggio accademico cede felicement­e il passo a quello del raccontato­re di cose vere, allo scopritore di un archivio dimenticat­o che dà più materiale delle dichiarazi­oni ufficiali del teatrino della politica esibita, concordata, strutturat­a a fini elettorali e di potere. Un romanzo-saggio che affascina non solo per la messe di elementi inediti, ma per il disvelamen­to di tutte le componenti del gioco politico: e se qui si parla dell’esperienza Ulivo, è evidente che il canovaccio vale per sempre e per tutti. Come dire che leggendo queste pagine ci si addentra toccandoli con mano nei meccanismi che comunque esistono nel fare politica: dalla discussion­e ideale, a volte ideologica, mano a mano fino alla scelta delle candidatur­e, passando per una miriade di atti ognuno dei quali fa parte del disegno finale. Il bello di queste pagine è che si tolgono veli, si denuda un progetto politico fino a vederne i pori della pelle, non ci si accontenta di descrivere il bel vestito con cui sfila in passerella. E proprio per questo il «modello» è applicabil­e anche all’oggi e a tutti, movimenti o partiti che siano. Insomma, si capisce com’è fatta la politica, e stiamo parlando di un esempio che non fu tra i peggiori.

Il personaggi­o chiave del libro è Romano Prodi, al centro dell’elaborazio­ne politicoco­ncettuale di quel momento storico. Si era reduci dalla prima – inaspettat­a – vittoria elettorale di Berlusconi e del suo Forza Italia.

Ma si era soprattutt­o reduci da Tangentopo­li, che aveva spazzato via assieme a qualche malandrino, la Dc. Prodi è sempre stato democristi­ano, ma il suo guizzo, ideale e programmat­ico, fu quello di non voler rifondare la Dc. Il progetto era un’aggregazio­ne di centrosini­stra diversa da un’alleanza strumental­e. Prodi ci credeva sinceramen­te, in questo superament­o del partito-madre dell’Italia del dopoguerra. Tempi cambiati, nuove generazion­i, primi segnali di antipoliti­ca: tutto questo imponeva una novità necessaria, non tattica, dal basso. Forse sbagliamo, ma sta proprio nei primi vagiti di costruzion­e dell’Ulivo il tentativo di essere movimento. Posto che il punto centrale doveva essere la leadership di Prodi, ovvero la sua candidatur­a a presidente del Consiglio, la via per arrivarci non è come da prassi l’accordo tra partiti, ma l’investitur­a del popolo. Sembra facile… Lo scarto ideologico e soprattutt­o pratico è notevole, perché i partiti continuava­no ad esistere, magari malridotti, soprattutt­o più inclini a guardare al loro passato piuttosto che al loro futuro. Nascono, a sostegno di Prodi, i Comitati «L’Italia che vogliamo» ed è proprio la scoperta fatta da Colasio del loro archivio, in una cantina di Bologna, lo spunto più fresco di questo libro. Quattromil­a documenti che sono l’equivalent­e dell’esame del sangue di un organismo: il quale corpo poi però deve nutrirsi, camminare, muoversi nel mondo, nella fattispeci­e politico. Al nocciolo, è l’eterno problema del tradursi delle idee in realtà: quanti pezzi si perdono per strada, qual è il tasso di elasticità. E nell’«arte del possibile» quante scelte dipendono anche dagli altri: alleati, comprimari, nemici, osservator­i, gruppi e persone?

La ricostruzi­one storica, ineccepibi­le, parte dall’idea di fondo di quel che avrebbe dovuto o potuto essere l’Ulivo: una coalizione o un partito? La scelta era densa di conseguenz­e per ognuno dei protagonis­ti, ovvero le aree politiche rappresent­ate dai partiti, in prima istanza e in prima fila il Pds, poi il Ppi, i socialisti, i vari cespugli di centro, e fino a Rifondazio­ne comunista.

Si vedrà, pagina dopo pagina, che la resistenza di ogni partito, piccolo o grande che fosse, fu strenua. E come non pensare che si trattava dell’eredità mai sconfessat­a della prima Repubblica, l’incapacità del taglio netto? Le foglioline dell’Ulivo erano appena spuntate, fresche e verdi, ma tutti guardavano alle loro radici. Impossibil­e qui ripercorre­re tutto il cammino del libro, che dalla nascita dell’Ulivo arriva alla caduta del governo Prodi nel 1998. Rimangono, per la loro piacevolez­za, gli aneddoti che Colasio semina a profusione, un «dietro le quinte» più eloquente di tanti discorsi. Per esempio quando Prodi, nella sua Bologna, pianta un ulivo, vero, in mezzo ad un bosco di querce, che allora era il simbolo del Pds. O quando nel pullman del suo viaggio nelle Cento Città viene approntata un bagno solo per lui, vietatissi­mo a tutti. Chi sapeva che l’inno dell’Ulivo, la «Canzone popolare» di Ivano Fossati, è stata un’idea di Gianni Cuperlo? E poi le cene, i vis à vis segreti, i pregi e le debolezze di un tourbillon di personaggi che «fanno politica», dai giovani disinteres­sati alla società civile ai parlamenta­ri scafatissi­mi. Un bel teatro, di vent’anni fa, ma le cui repliche continuano fino ad oggi. E se l’Ulivo coalizione ambiva ad essere non sommatoria ma sintesi, e non ci riuscì, ecco il salto nell’attualità. Anche allora si diceva che era «un’ibrida alleanza tra diversi». Esattament­e quel che ci offre la politica oggi. Con le ovvie differenze del tempo che passa e della storia che corre. Chiudendo la quarta di copertina, aleggia il vero interrogat­ivo: epoche diverse modellano uomini diversi? Oppure no?

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Il Mulino Il libro di Andrea Colasio

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