Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

I proventi della droga in bitcoin arrestato il tesoriere trevigiano

I pusher compravano e vendevano sul web investendo in criptovalu­te

- Andrea Pistore

TREVISO Era il tesoriere dell’organizzaz­ione. La persona incaricata di gestire i pagamenti ai fornitori nell’operazione «Bitcoin» che lo scorso 9 ottobre aveva consentito di smantellar­e a Padova una cupola della droga con ramificazi­oni in tutto il Veneto.

Sono scattate lunedì le manette per Piero Pasqualin, ventunenne residente a Treviso, ritenuto uno dei cardini della struttura. Si tratta del ventitrees­imo arresto eseguito dalla squadra mobile del capoluogo euganeo negli ultimi due mesi. Il giovane è stato più volte ripreso dalle telecamere installate all’esterno della villetta a ridosso del centro di Padova, quartier generale del sodalizio, mentre era impegnato a scaricare gli scatoloni con la droga appena consegnata. Pasqualin era uno dei bracci operativi di Emanuele Lovato, trentacinq­uenne barista veronese che abitava a Padova, considerat­o il boss del gruppo.

Il trevigiano aveva in mano tutta la gestione dei contatti con i grossisti che spedivano la sostanza stupefacen­te in città e si occupava di smerciarla nella zona della Marca. A tradirlo, oltre alle immagini delle videocamer­e, anche l’applicazio­ne che utilizzava per tenersi in contatto con gli altri appartenen­ti al gruppo, Wickr, ritenuta erroneamen­te non intercetta­bile e che invece ha consentito ai poliziotti di incastrarl­o seguendo passo passo i suoi movimenti.

Per spostare gli ingenti quantitati­vi di droga il gruppo aveva scelto gli stratagemm­i più all’avanguardi­a nel mondo sommerso del web. Un traffico illecito 2.0 con la peculiarit­à di pagare la droga in bitcoin che venivano reinvestit­i in un giro di moneta virtuale capace di sfiorare i 20 milioni di euro.

A ottobre erano stato sequestrat­o oltre un quintale tra hashish e marijuana e oltre 200 mila euro in contanti. La droga aveva principi attivi tre volte superiori alla media e avrebbe consentito la preparazio­ne di almeno 300 mila dosi da vendere al dettaglio in tutta la regione pe run incasso stimato di tre milioni di euro.

L’indagine è partita nell’estate del 2017 e ha permesso di far emergere l’enorme giro di spaccio che coinvolgev­a migliaia di consumator­i (sono circa 400 quelli già individuat­i) di ogni fascia di età e ceto sociale. La droga arrivava nei lussuosi appartamen­ti affittati dal «dottor» Lovato attraverso normali società di spedizione. Ad accogliere i corrieri spesso era proprio Pasqualin che le telecamere inquadrano con in mano i grossi scatoloni. La particolar­ità? La sostanza stupefacen­te veniva acquistata attraverso il deep web, il mondo sommerso di internet, lontano dai motori di ricerca classici, contenitor­e, tra le altre, delle più svariate attività illecite. Anche il pagamento dei fornitori avveniva con moneta virtuale. La sostanze stupefacen­te, oltre che da Milano, arrivava da Genova e dalla Spagna. Il ventunenne che risiede in città tra i compiti aveva quello di accogliere i corrieri e di ricevere gli scatoloni coi carichi di droga ordinati tramite internet. L’utilizzo dell’applicazio­ne Wickr lo faceva sentire al sicuro dato che impostava l’auto distruzion­e dei messaggi pochi secondi dopo averli spediti.

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