Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Il nuovo corso del Cuoa e quelle «aziende-lepri» che non aspettano la politica
De Toni alla direzione. L’indagine: il digitale dà risultati immediati
ALTAVILLA (VICENZA) Se sei lepre, va da sé, corri più veloce degli altri e guadagni terreno dove i concorrenti arrancano o addirittura arretrano, talvolta fino a fermarsi. La metafora funziona perfettamente in campo imprenditoriale: le aziende-lepri, secondo la fortunata definizione coniata dall’economista padovano Paolo Gubitta, sono quelle che hanno continuato a macinare risultati economici nonostante le due traumatiche crisi dell’ultimi decennio, crescendo nel «periodo nero» (per gli altri) da una dimensione media di 11,4 milioni di euro nel 2007 ai 21,1 milioni del 2017. Poi ci sono anche i leprotti, cioè quelle imprese che, nello stesso arco di tempo, hanno semplicemente mantenuto le posizioni di partenza: il che, avendo attraversato due tempeste finanziarie, in realtà è un risultato tutt’altro che semplice.
Lepri (e leprotti) sono i protagonisti dell’indagine, condotta dallo stesso Paolo Gubitta, che inaugura il nuovo corso del Cuoa, la storica business school di Altavilla Vicentina. La presentazione della ricerca-sondaggio, che ha coinvolto oltre 540 imprese manifatturiere del Nord Italia, è coincisa infatti con l’insediamento del nuovo direttore scientifico del Centro universitario di organizzazione aziendale. La scelta del consiglio di amministrazione, guidato dal presidente Federico Visentin (imprenditore della meccanica) è caduta su Alberto De Toni, rettore in carica dell’Università di Udine e padovano di nascita. «Ero qui 37 anni fa come giovane assistente - ha ricordato De Toni -, ho visto il Cuoa da piccolo e lo ritrovo ora da grande. Arrivo nel momento in cui viene costituito il Competence Center tra le nove università del Nordest, un segnale molto forte del nostro territorio. E, a proposito di territorio, il “nuovo” Cuoa si prepara a guardare anche oltre il Nordest, sarà una business school open, multipolare».
Quanto all’indagine sulle famose lepri, già il titolo è tutto un programma (anche politico, a volerlo leggere sotto questa luce): «L’Italia che non aspetta». Non aspetta che cosa? «Non sta lì ad attendere le decisioni dei governanti che non arrivano - risponde Gubitta -, a cominciare dal fatto che queste imprese, autentiche casseforti delle nostre migliori competenze manifatturiere, hanno investito nel digitale per loro autonoma decisione, senza bisogno degli incentivi previsti dal governo». Tradotto in percentuali: alla domanda «l’iper-ammortamento e il super-ammortamento hanno influito sulla decisione di fare questi investimenti?», un corposo 38% degli imprenditori intervistati ha risposto «per nulla» (e solo il 14% ha confessato che, senza quegli incentivi, non li avrebbe fatti). Ciò non di meno, come sottolinea il presidente del Cuoa Visentin, alla data di oggi esiste una buona maggioranza - il 52% - che si dice pronta a investire ulteriormente se le misure previste dal Piano Industria 4.0 venissero rinnovate dal governo in carica. Se, per l’appunto ....
«In questa indagine - ha sottolineato con calore Visentin - abbiamo raccolto un campione di imprese che andrebbero ascoltate subito da quanti sono chiamati a prendere le decisioni. Questa che parla non è la pancia del Paese, sono le aziende che fanno il Pil italiano».
Altre due tendenze emergono in modo netto dalla ricerca. La prima: gli investimenti nel digitale (Industria 4.0) danno risultati in tempi rapidi, tanto che l’82,3% degli intervistati li ha già toccati con mano, e contribuiscono a risolvere un problema atavico, la produttività del lavoro, che con questi investimenti aumenta velocemente. La seconda
indicazione ci dice che le risorse destinate a Industria 4.0 e al capitale umano sono correlate in modo strettissimo: l’81% del campione ha compiuto immediatamente investimenti in formazione per aumentare la presa delle tecnologie digitali tra il personale (in prevalenza, le figure tecniche e gli addetti alla produzione), ed è anche per questa ragione che le imprese reclamano a gran voce il credito d’imposta per la formazione 4.0. Anche questo era previsto dall’originario Piano Calenda ma poi sono calate le nebbie. «Senza formazione - sintetizza Gubitta - non esiste innovazione».
Gli elementi di incertezza, in definitiva, sono numerosi. Perciò anche le lepri, pur correndo a velocità doppia rispetto agli altri, hanno qualche paura per il futuro. Il più incombente di questi timori? «Alle aziende-lepri - risponde Gubitta - fa più paura la mancanza di investimenti in infrastrutture fisiche o digitali, rispetto allo spread elevato».
L’economia reale, quando si scende sul campo, batte sempre la finanza. Tanto è vero che, se chiedi alle lepri quale fattore potrebbe avere maggiore influenza sulla loro corsa futura, ti risponderanno con un’indicazione concretissima: il taglio del cuneo fiscale.
Gubitta Chi ha investito non lo ha fatto per gli incentivi