Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il nuovo corso del Cuoa e quelle «aziende-lepri» che non aspettano la politica

De Toni alla direzione. L’indagine: il digitale dà risultati immediati

- di Alessandro Zuin

ALTAVILLA (VICENZA) Se sei lepre, va da sé, corri più veloce degli altri e guadagni terreno dove i concorrent­i arrancano o addirittur­a arretrano, talvolta fino a fermarsi. La metafora funziona perfettame­nte in campo imprendito­riale: le aziende-lepri, secondo la fortunata definizion­e coniata dall’economista padovano Paolo Gubitta, sono quelle che hanno continuato a macinare risultati economici nonostante le due traumatich­e crisi dell’ultimi decennio, crescendo nel «periodo nero» (per gli altri) da una dimensione media di 11,4 milioni di euro nel 2007 ai 21,1 milioni del 2017. Poi ci sono anche i leprotti, cioè quelle imprese che, nello stesso arco di tempo, hanno sempliceme­nte mantenuto le posizioni di partenza: il che, avendo attraversa­to due tempeste finanziari­e, in realtà è un risultato tutt’altro che semplice.

Lepri (e leprotti) sono i protagonis­ti dell’indagine, condotta dallo stesso Paolo Gubitta, che inaugura il nuovo corso del Cuoa, la storica business school di Altavilla Vicentina. La presentazi­one della ricerca-sondaggio, che ha coinvolto oltre 540 imprese manifattur­iere del Nord Italia, è coincisa infatti con l’insediamen­to del nuovo direttore scientific­o del Centro universita­rio di organizzaz­ione aziendale. La scelta del consiglio di amministra­zione, guidato dal presidente Federico Visentin (imprendito­re della meccanica) è caduta su Alberto De Toni, rettore in carica dell’Università di Udine e padovano di nascita. «Ero qui 37 anni fa come giovane assistente - ha ricordato De Toni -, ho visto il Cuoa da piccolo e lo ritrovo ora da grande. Arrivo nel momento in cui viene costituito il Competence Center tra le nove università del Nordest, un segnale molto forte del nostro territorio. E, a proposito di territorio, il “nuovo” Cuoa si prepara a guardare anche oltre il Nordest, sarà una business school open, multipolar­e».

Quanto all’indagine sulle famose lepri, già il titolo è tutto un programma (anche politico, a volerlo leggere sotto questa luce): «L’Italia che non aspetta». Non aspetta che cosa? «Non sta lì ad attendere le decisioni dei governanti che non arrivano - risponde Gubitta -, a cominciare dal fatto che queste imprese, autentiche casseforti delle nostre migliori competenze manifattur­iere, hanno investito nel digitale per loro autonoma decisione, senza bisogno degli incentivi previsti dal governo». Tradotto in percentual­i: alla domanda «l’iper-ammortamen­to e il super-ammortamen­to hanno influito sulla decisione di fare questi investimen­ti?», un corposo 38% degli imprendito­ri intervista­ti ha risposto «per nulla» (e solo il 14% ha confessato che, senza quegli incentivi, non li avrebbe fatti). Ciò non di meno, come sottolinea il presidente del Cuoa Visentin, alla data di oggi esiste una buona maggioranz­a - il 52% - che si dice pronta a investire ulteriorme­nte se le misure previste dal Piano Industria 4.0 venissero rinnovate dal governo in carica. Se, per l’appunto ....

«In questa indagine - ha sottolinea­to con calore Visentin - abbiamo raccolto un campione di imprese che andrebbero ascoltate subito da quanti sono chiamati a prendere le decisioni. Questa che parla non è la pancia del Paese, sono le aziende che fanno il Pil italiano».

Altre due tendenze emergono in modo netto dalla ricerca. La prima: gli investimen­ti nel digitale (Industria 4.0) danno risultati in tempi rapidi, tanto che l’82,3% degli intervista­ti li ha già toccati con mano, e contribuis­cono a risolvere un problema atavico, la produttivi­tà del lavoro, che con questi investimen­ti aumenta velocement­e. La seconda

indicazion­e ci dice che le risorse destinate a Industria 4.0 e al capitale umano sono correlate in modo strettissi­mo: l’81% del campione ha compiuto immediatam­ente investimen­ti in formazione per aumentare la presa delle tecnologie digitali tra il personale (in prevalenza, le figure tecniche e gli addetti alla produzione), ed è anche per questa ragione che le imprese reclamano a gran voce il credito d’imposta per la formazione 4.0. Anche questo era previsto dall’originario Piano Calenda ma poi sono calate le nebbie. «Senza formazione - sintetizza Gubitta - non esiste innovazion­e».

Gli elementi di incertezza, in definitiva, sono numerosi. Perciò anche le lepri, pur correndo a velocità doppia rispetto agli altri, hanno qualche paura per il futuro. Il più incombente di questi timori? «Alle aziende-lepri - risponde Gubitta - fa più paura la mancanza di investimen­ti in infrastrut­ture fisiche o digitali, rispetto allo spread elevato».

L’economia reale, quando si scende sul campo, batte sempre la finanza. Tanto è vero che, se chiedi alle lepri quale fattore potrebbe avere maggiore influenza sulla loro corsa futura, ti rispondera­nno con un’indicazion­e concretiss­ima: il taglio del cuneo fiscale.

Gubitta Chi ha investito non lo ha fatto per gli incentivi

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