Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Paolo Berro, un «cervello» da vent’anni in carrozzina «Manuel è come me: forte Saprà reinventar­si la vita»

- M.N.M.

CASTELFRAN­CO (TREVISO)Sa bene cosa sta provando Manuel Bozzato, il diciannove­nne trevigiano vittima di una sparatoria a Roma che gli ha tolto l’uso delle gambe. Paolo Berro, di Castelfran­co, oggi ha 41 anni, è laureato in Ingegneria meccanica e Ingegneria logistica e della produzione al Politecnic­o di Torino, è cavaliere al merito della Repubblica per l’impegno nel sociale, ha fatto parte di due commission­i interminis­teriali ed è stato nominato consiglier­e speciale, in ambito di accessibil­ità, in Commission­e

Europea. Insomma, ha una vita piena di progetti e soddisfazi­oni. Ma a 21 anni ha dovuto reinventar­sela, perchè un incidente stradale l’ha paralizzat­o dalle spalle in giù. Cosa le evoca la storia di Manuel?

«Senza nulla togliere alla gravità di ciò che è accaduto e pur esprimendo la mia piena solidariet­à a Manuel, dobbiamo pensare che in Italia ci sono altri due milioni di disabili motori di cui non parla nessuno. Paralizzat­i in seguito a incidenti stradali o sul lavoro, sono dimenticat­i a casa loro. Cento ragazzi al giorno si ritrovano nelle condizioni di Manuel, o peggiori, ma non hanno la possibilit­à di far sentire la loro voce. Ricordiamo­cene». Come si riorganizz­a la vita?

«Quando, da un attimo all’altro, piombi in una dimensione diversa dalla tua, biologicam­ente

e psicologic­amente entri nel mondo della disabilità. E’ sbagliato rimandare questo ingresso, se vuoi tornare alla vita devi rimodularl­a sulle tue nuove esigenze e potenziali­tà subito». Non dev’essere facile, soprattutt­o per un ragazzo.

«Si soffre molto. Come per un grave lutto, una malattia, un licenziame­nto. Molti normodotat­i mi hanno confessato: se fosse successo a me, mi sarei lasciato morire. Ci vuole carattere per uscirne, ma Manuel ce l’ha, lo vedo simile a me. Ha grinta e voglia di tornare alla quotidiani­tà. E rispetto a me è più fortunato».

Perchè?

«Prima di tutto perchè ha saputo che non avrebbe più camminato dal padre e non da un medico, come è successo a me. Per carità, quando ti svegli e vedi che non ti muovi, capisci, però sentirtelo spiegare da una persona cara è diverso. E poi Manuel può muovere il resto del corpo, io non muovo niente. E’ in grado di riprendere in mano la sua passione di sportivo, magari come atleta paralimpic­o, e può ancora sperare nelle cure con le cellule staminali, allo studio. Fino a due anni dopo la lesione il midollo, anche se interrotto, un minimo di rigenerazi­one ce l’ha. Qualche centinaio di cellule su 2 miliardi si rigenerano e quindi quando la botta si riassorbe un po’ di sensibilit­à in alcuni punti del corpo la riavverti. Sono migliorame­nti minimi, ma se la scienza progredisc­e potrebbero diventare la base per una terapia. Questo senza infondere false speranze a nessuno».

Ora c’è la riabilitaz­ione.

«Sì, ma non ti restituisc­e ciò che hai perso, ti riabilita alla vita. Ti insegna ad adattare te stesso, la casa, gli impegni, i movimenti, alla tua nuova condizione. Il mio consiglio a Manuel è di riprendere in mano la sua vita così com’è, senza illusioni e cercando di cogliere il meglio che ogni giornata gli può dare».

Lei è un esempio.

«Tanti familiari di disabili sono venuti da me, a vedere come si può ripartire, e anche per Manuel, se vorrà fare una chiacchier­ata, io ci sarò. Non ho avuto bisogno di psicologi nè di psicofarma­ci, ho pianto certo, ma poi ho sostituito il dolore con il pensiero di come rinascere. Manuel reagisce ed è sulla buona strada. E poi può contare su genitori forti, tanti amici e il nuoto. E’ un’ottima partenza. Ma avrei un appello per il governo».

Prego.

«Visto che ha introdotto il ministero alla Disabilità, perchè non propone una legge che imponga a chi procura invalidità permanenti a qualcuno di scontare la propria pena anche accanto alla persona danneggiat­a, per aiutarla?».

L’appello Ricordiamo­ci anche degli altri due milioni di disabili motori ignorati dai mass media

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