Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Autonomia, le carte dell’intesa
Molti i no del governo, specie su infrastrutture e sanità. Mattarella: rispettare la Costituzione Gli ultimi documenti Da un lato le richieste accettate, dall’altro quelle rifiutate. Domani la bozza in Consiglio dei ministri
Mancano 48 ore alla fine della trattativa stando alle promesse del premier. E circola già un documento che mette per iscritto gli accordi raggiunti tra Veneto e governo e le richieste che sono state respinte o rimaste senza risposta. Due colonne e partita doppia, come un bilancio aziendale. I molti «no» sono concentrati su sanità, ambiente e infrastrutture mentre c’è il via libera sulla scuola. Anche se Mattarella proprio sull’istruzione pare perplesso.
A due giorni dalla consegna al premier Giuseppe Conte (il Consiglio dei ministri, annunciato per venerdì, potrebbe essere anticipato a domani), il ministro per gli Affari regionali Erika Stefani continua a lavorare freneticamente alla bozza d’intesa tra lo Stato e la Regione sull’autonomia. Dopo 8 mesi di trattativa il testo, suscettibile di modifiche fino all’ultimo minuto, è ormai definito e leggendolo nei suoi 56 articoli ben si comprende cosa aveva chiesto Palazzo Balbi (dal controllo sul Mose alle royalties sul rigassificatore non mancano le sorprese), cosa è stato concesso dai ministeri( quello dell’ Istruzione, guidato dal leghista Marco Bussetti, è stato il più disponibile) e su cosa, invece, il no di Roma è stato insuperabile (qui, come più volte lamentato da Stefani, si distinguono i dicasteri Cinque Stelle). Con una precisazione utile visto il confronto aspro aperto con il Sud: praticamente ogni articolo si apre con rassicurazioni sul rispetto dei livelli essenziali di assistenza (i Lea) e i livelli essenziali di prestazione (i Lep).
Il nodo delle risorse
Partiamo dal più nebuloso dei punti, che è pure il più importante: i soldi. Sgomberato il campo dai «9/10 delle tasse», dal «modello Trento e Bolzano» e dal fuorviante dibattito sul residuo fiscale, la Regione aveva proposto un sistema articolato che prevedeva di finanziare le nuove competenze da subito facendo riferimento al costo storico delle funzioni, dopo tre anni sul loro valore medio nazionale pro capite e dopo cinque anni sui fabbisogni standard. Le entrate avrebbero dovuto essere garantite da compartecipazioni( IrpefeIr es) e riserve d’aliquota (Iva) con complessi meccanismi di compensazione in caso di riduzione del gettito e la precisazione che se invece il gettito fosse stato in aumento questo sarebbe stato «di competenza della Regione».
Ebbene, il ministero dell’Economia ha opposto finora un invalicabile silenzio, che certo non fa ben sperare, il che impedisce non solo di mettere in opera la riforma ma anche di prevederne qualunque sua ricaduta pratica. Il Mef fa muro anche sull’autonomia tributaria (la Regione chiedeva mano libera su incentivi e contributi; piena autonomia sul bollo auto ed il gettito recuperato dall’evasione dei tributi regionali; la possibilità di istituire un fondo carburanti per i Comuni al confine con l’Austria), sul coordinamento della finanza pubblica (dalla gestione dei saldi di bilancio con gli enti locali all’istituzione di un fondo a favore di Comuni, Città metropolitana e Province) e sulla regionalizzazione delle casse di risparmio mentre apre alla compartecipazione regionale per gli investimenti, sia pubblici che privati (con credito d’imposta).
Sanità
Altro punto su cui dif f i ci l - mente a Palazzo Balbi potranno dirsi soddisfatti è la sanità. Detto che si tratta di una materia già oggi fortemente «regionalizzata», il Veneto chiedeva di completare l ’o pera con tre pagine fitte di proposte, in cui spicca la devoluzione della gestione del personale, anche dal punto di vista contrattuale e dell’attività libero-professionali. Il mini- stro Giulia Grillo ha dato il via libera ad appena 6 punti su 14, peraltro fortemente ridotti: la Regione vede ampliati i suoi margini di manovra solo sull’assetto istituzionale, l’organizzazione dell’offerta ospedaliera, l’attivazione di percorsi alternativi di formazione specialistica (i «laureati in corsia»), l’abolizione della quota fissa in ricetta, gli investimenti nel patrimonio edilizio e tecnologico e le «nuove forme di finanziamento del servizio con un’equa contribuzione da parte degli assistiti» (in pratica, i ticket).
Istruzione
Sembra invece aver dato esito positivo la fitta interlocuzione con il ministero dell’Istruzione. La Regione acquista potestà legislativa nell’organizzazione del sistema educativo e nelle sue modalità di valutazione, nell’alternanza scuolalavoro, nell’apprendistato, nei rapporti di lavoro col perso- nale, nella formazione professionale, nel finanziamento delle scuole paritarie, nell’organizzazione degli Its, nella costituzione di Fondi per il diritto allo studio ordinario e universitario. Saranno regionalizzati l’Ufficio scolastico, gli Uffici d’ambito territoriale e i dirigenti scolastici, «sentite le organizzazioni sindacali» e con garanzie sugli stipendi. Docenti e personale Ata restano inseriti nel ruolo statale, «salva diversa volontà», ma verrà istituito un ruolo regionale dove via via confluiranno i nuovi assunti, a cui in ogni caso saranno applicati i contratti collettivi nazionali del comparto (gli stipendi potranno aumentare grazie a integrativi regionali, legati all’aumento dell’offerta scolastica). Palazzo Balbi definirà ogni anno il fabbisogno di personale e bandirà concorsi su base nazionale i cui assunti saranno poi iscritti al ruolo regionale. Sempre fatta salva, ovviamente, la possibilità di spostarsi poi verso altre sedi nazionali.
Infrastrutture
Scarno il capitolo dedicato ai trasporti e alle infrastrutture dove curiosamente non compare il tema delle concessioni autostradali, di cui pure si è discusso a lungo tra Venezia e Roma (e su cui il ministero ha già fatto sapere di non voler trattare). È invece esplicito il no alla regionalizzazione di 18 linee ferroviarie, tra cui la Verona-Mantova, la LegnagoRovigo, la Vicenza-Treviso, la Padova-Castel franco, la Belluno-Calalzo, regionalizzazione che avrebbe investito concessioni , impianti e infrastrutture. Bocciata l’idea di finanziare il trasporto pubblico locale (bus e vaporetti) con una compartecipazione alle imposte e ai tributi anziché conl’ attuale quota di riparto del Fondo nazionale. Il ministro Danilo Toni nel li ha aperto ad un