Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
La Marca degli anziani «Troppo pochi giovani Sistema a rischio crisi»
L’allarme dello Spi. Il Vittoriese fra le aree più «over»
TREVISO Fra il 2012 ed il 2018 il saldo fra nuovi nati e deceduti in provincia di Treviso, considerando sia la popolazione residente sia gli stranieri, rimane positivo per 11.369 unità su uno stock di 887 mila, e anche nell’ultimo anno la crescita è stata di circa 1.500 abitanti. Ma il problema, evidenziato ancora una volta ieri dallo Spi Cgil di Treviso, è lo squilibrio fra chi ha più di 65 anni e gli altri, con un incremento dei primi e una contrazione dei secondi.
La conseguenza macro, al di là di tutte le distinzioni fra le diverse aree della Marca, è condensata in un indicatore chiave che si chiama «indice di dipendenza strutturale» e che dice, in sostanza, di quanti trevigiani attivi ci sia bisogno per mantenere i concittadini pensionati. Perché il quadro sia sostenibile l’indicatore deve stare sotto quota 50, in provincia siamo già a 56 contro un 53 di sei anni fa.
Dove si stesse andando a parare, riflette il segretario generale dei pensionati Cgil, Paolino Barbiero, lo si poteva comprendere da tempo. «Le riflessioni delle amministraz i oni l ocal i hanno sempre preferito convergere su questioni di breve periodo, inceppandosi su ragionamenti di bandiera riguardanti, ad esempio, l’accoglienza o meno di qualche centinaio di profughi. Oppure cercando di attrarre famiglie da Comuni vicini, magari a supporto di investimenti di edilizia abitativa, perdendo di vista il tema su orizzonte ampio che non si intacca con semplici spostamenti di persone».
Così accade che nel Vittoriese, zona da sempre più sofferente per demografia, ci siano 17.500 persone che lavora- no per 11 mila «inattivi», cioè la somma dei pensionati (tanti) e degli under 14 (pochi). O che in tutta la Marca gli anziani siano una volt a e mezza questi ultimi. O addirittura due volte, in tutta la Pedemontana e pure nell’area attorno al capoluogo. Il quale non è affatto risparmiato dal- la infertilità. Nel 2018 sono nati quasi 100 bambini in meno (609 in totale) rispetto a dieci anni prima mentre le culle riempite in tutta la provincia non sono arrivate a 7 mila unità, sulle quasi 9.500 del 2008.
Crisi economica e genitori sempre pi ù a nzi a ni sono i motivi di fondo. Ai quali va però aggiunta una buona «integrazione» degli stranieri (oggi poco più del 10%) anche nell’adeguarsi alle tendenze di procreazione nostrane. I figli di immigrati con meno di 14 anni oggi sono circa 18 mila ma dieci anni fa superavano i 20 mila. Certo, limitando l’osservazione alle altre etnie l’incidenza della popolazione attiva sul totale è ben più marcata (77% contro il 64%) di quella generale ma gli over 65 cominciano ad essere misurabili e oggi sono già il 3,6%.
A cosa richiamare sindaci e presidenti di Provincia o regione, allora? «A chiedersi innanzitutto se abbiano messo in campo sufficienti iniziative di supporto alla natalità, se pensano di affrontare gli anni che verranno solo costruendo qualche casa di riposo in più o se sia stata verificata – chiude Paolino Barbiero – la disponibilità di fondi europei per iniziative di contrasto all’invecchiamento della popolazione».