Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Todeschini: «Siamo stati abbandonati dallo Stato»
Lo sconforto del presidente dell’associazione Venezia Giulia e Dalmazia dopo l’ennesima sentenza sfavorevole sui risarcimenti
Èl’ennesima umiliazione, la beffa finale oltre al danno, per gli esuli dalmati, la sentenza con la quale l’8 febbraio scorso la Cassazione ha sancito il rigetto della domanda di risarcimento avanzata da una famiglia nel 1947 costretta ad abbandonare l’isola di Cherso, ceduta alla Jugoslavia, e a lasciare lì tutti i propri beni, per essere sfollata a Padova. Secondo la Suprema Corte, che ha capovolto le sentenze del Tribunale e della Corte d’Appello di Venezia, il diritto al risarcimento è ormai prescritto.
«Lo abbiamo appreso dai giornali ed è un nuovo dispiacere — ammette Andrea Todeschini, presidente del Comitato padovano dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia —. Ma il nostro rammarico non è indirizzato ai giudici, che applicano la legge, bensì allo Stato italiano: non garantendo il ristoro dei beni persi agli esuli, ha consentito il determinarsi della prescrizione».
Si spieghi meglio.
«Con il trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 (poi diventato il «Giorno del ricordo», a memoria degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre di istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra, ndr), alla Jugoslavia furono cedute l’Istria e la maggior parte della Venezia Giulia. Lo Stato italiano le assegnò anche i beni degli esuli, a risarcimento dei danni di guerra, impegnandosi però a indennizzare questi ultimi. Negli anni molte famiglie, compresa la mia, hanno rivendicato tale diritto, ottenendo però poco o nulla. Qualcuno, come noi, ha lasciato perdere, altri hanno intrapreso le vie legali, sostenendo spese importanti».
Da quale situazione si è partiti, esattamente?
«La situazione era questa: riavere i beni si è rivelato possibile solo per un’esigua minoranza che ha acquisito un’altra cittadinanza oltre a quella italiana. E quindi parliamo di nuclei emigrati negli Stati Uniti, in Sudamerica e in Australia o di persone con un genitore di altra nazionalità. Episodi marginali, ripeto, dato che all’epoca gli esuli hanno dovuto optare per la cittadinanza italiana, abbandonando terre, beni mobili e immobili. Per la maggioranza si è allora profilata la pretesa di carattere risarcitorio anche perchè per anni, finchè Slovenia (nel 2004) e Croazia (nel 2013) non sono entrate nell’Unione Europea, per gli italiani sussi- stevano gravi limitazioni o divieti all’acquisto di immobili nelle due nazioni. Perciò non è stato possibile per gli esuli nemmeno ricomprare i loro beni».
Possiamo parlare di una battaglia persa in partenza?
«Possiamo dire che chi è riuscito a ottenere qualcosa si è visto attribuire importi irrisori. In generale le famiglie coinvolte in questo dramma dopo essere state costrette a lasciare tutto e a cambiare Stato e vita senza ricevere nulla in cambio, si sono dovute rimboccare le maniche e riorganizzarsi un’esistenza in Italia. E tutto ciò con l’umiliazione di essere state abbandonate dallo Stato».
La delusione
«In questi anni molte famiglie hanno atteso invano il ristoro dei danni promesso nel 1947»