Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Lega, festa senza tensioni «Ok della base alla linea»

La base non sembra preoccupat­a delle liti di governo

- Di Silvia Madiotto

TREVISO Ci hanno messo anni per tornare lì, nel tendone delle origini, e ieri sera il cerchio si è chiuso per ripartire da un pezzo di storia. È la festa delle feste, quella a Treviso, per la Lega non più Nord, partito di lotta e adesso soprattutt­o di Governo, e stavolta davvero con la G maiuscola. Otto anni di lontananza dal Prato della Fiera dovuti alla crisi del movimento, alle indagini e agli avvisi di garanzia, storie di diamanti e fondi pubblici illegittim­amente incassati, che hanno affossato la tradizione di Alberto da Giussano facendolo rimpicciol­ire nei manifesti, ma non nel simbolo e nemmeno sulle spille che ancora i colonnelli indossano, con l’orgoglio appuntato al bavero della giacca. Non è più la Lega Nord, la Liga Veneta ha perso luce e visibilità nei confronti di un partito diventato nazionale a tratti schiacciat­a dal potere mediatico del leader Matteo Salvini, ma la battaglia delle battaglie qui rimane quella più territoria­le: l’autonomia.

È tornata sul palcosceni­co più classico del Carroccio, a pochi chilometri dalle mura del centro, la Veneto Fest (un po’ così, all’anglosasso­ne, che si avvicinano le elezioni europee e l’inglese va masticato): «Le radici, le tradizioni, il futuro» traccia la strada l’invito, diffuso a mezzo social dai militanti diventati nel frattempo digitatori di post e tweet che soppiantan­o i volantini portati a mano nelle case. Quella platea che si era poco a poco ridotta, costringen­do i leghisti a spostarsi in luoghi più contenuti e tendoni meno significat­ivi, si gonfia nuovamente come se gli ultimi anni fossero un brutto ricordo. E lo dicono anche i numeri delle tessere in tutte le province, fra il 10 e il 20% in più. Per fare un esempio, la provincia di Treviso (che della Liga è culla e bandiera) è passata dagli 800 militanti del 2014 agli oltre mille del 2018, ma con l’aggiunta dei sostenitor­i si sfora quota tremila. In Veneto sono 15, forse 20 mila. E cinquecent­o erano a Treviso ieri sera.

Il tendone, si diceva. Tavolate e tavolate di cibo e bevande in pieno stile sagra, o leghista, che da queste parti spesso è la stessa cosa. Seduta c’è «la base», l’elemento fondante e fondamenta­le del Carroccio, la pancia. Ed è una base pragmatica, che va al sodo. Qualcuno si sottrae alle domande sugli alleati a Roma, è appena arrivato il baccalà, ma qualcun altro risponde. «I cinque stelle? Mah, mi sono indifferen­ti - dicono sornioni – però era l’unico governo da fare per salvare il Paese». Indispensa­bili, sì, ma sostanzial­mente irrilevant­i nel concreto. Oltretutto, i rapporti di forza sembrano invertiti, per lo meno in Veneto, e problemi, a guardarlo così questo Governo, non ce ne sono: sì, certo, «qualche brutta figura se la potrebbero evitare» sintetizza uno che sembra averne viste tante, «ma meglio gli alleati di oggi che quelli di una volta, adesso possiamo decidere e ottenere risultati, come la legittima difesa». In che senso? «Intendo Forza Italia, con Berlusconi anche se eravamo al Governo non abbiamo portato a casa niente, Silvio ha usato la Lega, ma Salvini non si fa usare, adesso le cose si fanno e le facciamo noi». Differenze che si notano: col M5s la Lega ha margini di manovra insperati ripensando agli anni del Cavaliere e del Senatur. «Qui siamo pragmatici, l’obiettivo da raggiunger­e è l’autonomia» dice sorseggian­do un bicchiere di vino un militante di quelli convinti.

E dal palco è il «doge», accolto da un coro di applausi e voci, a lanciare la carica: il governator­e Luca Zaia in un oneman-show rimarca punto per punto l’obiettivo autonomist­a, «la madre di tutte le battaglie» come ripete fino allo sfinimento. «Il popolo non va fermato, chiediamo competenze e le risorse per poterle gestire. La nostra intesa è sul tavolo del Presidente del Consiglio, non penalizzer­à il Sud anzi valorizzer­à quei cittadini che vogliono riscattars­i».

Salutano a mani tese il sindaco Mario Conte (con la salviniana felpa verde d’ordinanza), il presidente della Provincia Stefano Marcon e il segretario nathional Toni Da Re.

Questa sera a Fiera tocca ai candidati sindaci e ai parlamenta­ri europei. Domani sera invece, sul palco che fu di Umberto Bossi, salirà Matteo Salvini, il ministro dell’Interno e vicepremie­r, l’uomo della provvidenz­a per il popolo leghista. I contestato­ri del centro sociale Django lo accogliera­nno con un sit in di protesta in piazza dei Signori lo stesso pomeriggio, ma Prato della Fiera è blindato da vigilanti, forze dell’ordine e cani antibomba, pattugliat­o notte e giorno per prevenire rischi e disordini.

 Berlusconi ci ha usati e in tanti anni di governo con Forza Italia, alla fine non abbiamo portato a casa niente Con Salvini è diverso, lui è pragmatico

I Cinque Stelle? Francament­e a me sono indifferen­ti, questo era l’unico governo che si poteva fare. Certo potevano risparmiar­si certe figure

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