Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Parco nazionale delle Dolomiti ko Ora scaricabarile tra Lega e M5S
Il pentastellato D’Incà: rifiutano Zaetta presidente. Il Carroccio: uomo del Pd
FELTRE Il giorno dopo le dimissioni dell’intero consiglio direttivo del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi per protesta verso lo stallo in cui si dibatte l’ente (senza presidente da 44 mesi e da marzo senza direttore) e la prospettiva di un inevitabile commissariamento, la politica bellunese a Roma si risveglia improvvisamente da un torpore lungo quasi 4 anni, nei quali Roma e Venezia — leggasi ministero dell’Ambiente e presidente della Regione — non sono riusciti ad accordarsi sul nome del successore di Benedetto Fiori, l’ultimo presidente dell’ente. Nemmeno il nuovo corso governativo targato Lega-Movimento Cinque Stelle ha cambiato le cose.
Eppure le cose sembravano iniziate nel modo giusto, come ricorda il presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin. «A fine ottobre scorso il sottosegretario all’Ambiente Vannia Gava e i parlamentari bellunesi ci chiesero, in qualità di sindaci dell’area del Parco, di definire una rosa di nomi che rispondessero a determinate caratteristiche, in primis la competenza».
Detto, fatto, in due settimane la lista era pronta. «Il ministro dell’Ambiente Costa ha in mano i nomi da metà novembre. Da allora però nessun passo avanti» chiosa Padrin.
Che non nasconde l’amarezza: «Intollerabile che il Parco venga commissariato, come Comunità dei sindaci ci ritroveremo nei prossimi giorni e vedremo cosa fare».
Da novembre è cominciato un lungo tira e molla tra le due forze di governo, poco convinte di mettere alla guida del Parco uno tra Franco Zaetta (vicepresidente ora dimessosi), Fabio Bristot (consigliere comunale a Belluno) ed Ennio Vigne (sindaco di Santa Giustina), i tre nomi scelti dai primi cittadini. Una questione partitico-politica, anche se negato da tutti, con forza, in questi mesi. Ma ora che i nodi sono venuti al pettine la contrapposizione tra 5 Stelle e Lega esplode e gli esponenti dei due partiti si rinfacciano le colpe.
«La Lega deve assumersi le sue responsabilità, a tutti i livelli —attacca a testa bassa il deputato pentastellato Federico D’Incà — per la mancata nomina del presidente del Parco. Con il ministro Costa abbiamo individuato in Zaetta la persona adatta ad aiutare il Parco a chiudere le ferite aperte. Per mesi ho cercato di convincere nel merito i leghisti, dalla sottosegretaria Gava ai parlamentari locali e alla Regione. Non ho ancora capito il perché del diniego, dico solo che non si può pensare di nominare solo persone vicine al proprio partito».
Risponde l’onorevole leghista Mirco Badole: «Non mi risulta sia mai stato fatto ufficialmente il nome del candidato presidente, nonostante le mie sollecitazioni, l’ultima non più tardi di dieci giorni fa direttamente al ministro».
E se il nome di Zaetta diventasse ufficiale? «Allora prenderemo atto che i Cinque Stelle vogliono a capo del Parco un uomo del Pd — commenta Badole — ma se è nome uscito dal territorio non ci dovrebbe essere opposizione».
Senza testa L’ente manca di guida, direttivo (dimissioni) e direttore
Scenario in vista Scontata la nomina di un commissario Sindaci in rivolta