Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Al sicuro i veneti travolti dalla neve «Un miracolo»

I quattro scampati alla valanga sono in ospedale. Bellò: «Trascinati dalla neve per 500 metri»

- Priante

Sono in salvo in un ospedale pakistano, i quattro veneti travolti lunedì da una valanga. «Siamo vivi per miracolo», racconta Tarcisio Bellò, il vicentino che era a capo della spedizione.

Sono al sicuro nell’ospedale del villaggio di Gilgit, i quattro alpinisti veneti travolti lunedì da una valanga. Ieri mattina gli elicotteri dell’esercito pakistano, hanno raggiunto l’area nella quale la spedizione aveva allestito il Campo 2, portando a valle i vicentini Tarcisio Bellò, Celestino «Tino» Toldo e Luca Morellato, oltre al trevigiano David Bergamin. Con loro sono state tratte in salvo anche le due donne che facevano parte del team che avrebbe dovuto conquistar­e una vetta inviolata nell’area dell’Hindu Kush: le pakistane Nadema Sahar e Sakeela Numà. Tra oggi e domani, invece, una spedizione composta da alpinisti locali, tornerà sulla montagna per recuperare il corpo dell’unica vittima della valanga: Intyaz Ahmmad, fratello di Sakeela.

«È un miracolo essere sopravviss­uti», racconta Bellò, il capo-spedizione, al telefono con il Corriere del Veneto. «Eravamo quasi sulla cresta quando si è staccata quell’enorme valanga che ha travolto ogni cosa. Ci siamo ritrovati 500 metri più in basso, feriti ma vivi. Tutti, tranne il mio amico Intyaz».

Il gruppo è riuscito a dare l’allarme con il telefono satellitar­e e a raggiunger­e nuovamente il Campo 2, nonostante i danni rimediati nella caduta. Come quelli riportati da Bellò, che ha camminato con la caviglia rotta utilizzand­o un attrezzo come stampella. L’unica a non aver voluto riprendere il cammino è stata la povera Sakeela, che ha deciso di trascorrer­e la notte nel ghiacciaio per vegliare il fratello morto.

Ieri mattina i soccorrito­ri hanno raggiunto anche lei. «Ci siamo ritrovati tutti qui a Gilgit, ed è stato davvero emozionant­e» racconta Bellò, che non nasconde il dolore per la perdita del compagno di spedizione. «Il primo pensiero che ho, al momento, è di cercare di avviare quanto prima una raccolta fondi per la sua famiglia».

Tra un paio di giorni, i quattro veneti saranno nelle condizioni di salire su un aereo per Venezia.

Ad attenderli in aeroporto ci saranno i loro familiari, che hanno seguito col fiato sospeso la loro terribile avventura. «Tarcisio aveva conosciuto gli alpinisti pakistani lo scorso anno - ricorda Isabella Bresolin, la moglie di Bellò - in occasione di una prima ricognizio­ne sulla montagna da chiamare Lions Melvin Jones Peak, in onore del fondatore del Lions. Gli alpinisti pakistani avevano subito sposato la sua idea e ne volevano far parte per il loro Paese».

La missione serviva anche a raccoglier­e fondi per portare avanti il progetto del «Cristina Castagna Center» a Hindukush che, senza snaturare l’ambiente, vuole valorizzar­ne le risorse naturali creando opportunit­à di lavoro e di crescita sociale.

«Voglio che si sappia - aggiunge Isabella Bresolin - che sono tutti alpinisti molto esperti e prendevano parte a questa scalata di loro iniziativa: non era un spedizione commercial­e ma con obiettivo di solidariet­à verso la popolazion­e locale. Mio marito si è sempre dato da fare per aiutare il Pakistan, ed è stato il primo a portare un vero ponte in metallo in quella zona».

Bellò ha alle spalle centinaia di scalate ma è la prima volta che si trova a dover affrontare la perdita di un componente della spedizione. «Per un momento - ammette il 57enne di Quinto Vicentino - ho pensato che avrei lasciato per sempre l’alpinismo. Ma ora che siamo al sicuro, ho avuto tempo per riflettere: ciò che ci è capitato era imponderab­ile. Il modo migliore per rendere omaggio a chi non c’è più, è quello di non rinunciare alla passione per la montagna, portando però sempre con me il ricordo di questa esperienza».

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A sinistra, il capo-spedizione Tarcisio Bellò nell’ospedale in Pakistan (foto concessa da Montagna.tv). Sopra, i veneti il giorno della partenza dall’aeroporto di Venezia
In ospedale A sinistra, il capo-spedizione Tarcisio Bellò nell’ospedale in Pakistan (foto concessa da Montagna.tv). Sopra, i veneti il giorno della partenza dall’aeroporto di Venezia
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