Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Turismo, aumentano gli stranieri sulle Dolomiti anche dall’Oriente

Crescono le presenze da Paesi extra Europa a caccia di avventure tra zipline e canyoning

- Moreno Gioli

BELLUNO Non parlano più solo italiano e tedesco i turisti sui sentieri delle Dolomiti bellunesi, ma anche inglese, ceco, polacco, pure coreano e giapponese. Il marchio Unesco in dieci anni ha fatto conoscere al mondo la bellezza dei «Monti pallidi». E il turismo ne sta risentendo, positivame­nte, come certifica dal suo punto d’osservazio­ne privilegia­to Giuliano Vantaggi, direttore della Dmo Dolomiti, l’organismo che cura la promozione turistica del Bellunese: «Fino a qualche anno fa la stragrande maggioranz­a degli escursioni­sti stranieri era di lingua tedesca e proveniva da Austria, Germania, Svizzera. Ora non è più così, anche se questi Paesi mantengono la maggioranz­a relativa». Parlando in percentual­e, se prima gli escursioni­sti di lingua tedesca rappresent­avano oltre l’80 per cento degli stranieri, oggi, con l’aumento sensibile del turismo, sono poco sopra il 50 per cento. Ma cosa cercano i turisti lungo i sentieri e nei rifugi in quota? A farla da padrone, la riscoperta del camminare in montagna e la ricerca di un contatto più stretto con la natura. «Il trend di quest’anno - commenta Vantaggi -, è il camminare, l’imparare ad andare in montagna. Abbiamo la fortuna di avere delle guide alpine bravissime e preparatis­sime, che insegnano il giusto approccio alla montagna già ai più piccoli». Certo, non manca chi nelle Dolomiti cerca avventura ed esperienze adrenalini­che: «E su questo tema possiamo vantare offerte per tutti i gusti - continua il direttore della Dmo Dolomiti -, dalle zipline alle falesie da vivere tutto l’anno, dal canyoning ai percorsi per mountain bike». Ma il vero fiore all’occhiello dell’offerta turistica bellunese, per Vantaggi, riguarda il palato: «L’offerta enogastron­omica nelle nostre malghe e nei rifugi è davvero eccezional­e, si possono gustare piatti di grande qualità che non hanno paragoni nei territori a noi vicini. Ma nell’estate 2019 del turismo non ci sono solo luci. C’è un intero settore, quello dei rifugi al di fuori dei grandi circuiti organizzat­i che soffre gli allarmismi spesso esagerati delle app e dei siti di metereolog­ia. Un problema sollevato ieri da Mario Fiorentini, gestore del rifugio Città di Fiume e confermato da Omar Canzan del rifugio Chiggiato, sulle Marmarole, e da Marco Bergamo del rifugio Scarpa, sotto l’Agnér: «A causa di bollettini spesso troppo allarmisti­ci, a siti ed app che puntano sul sensaziona­lismo - spiegano -, nell’ultimo mese stiamo osservando un calo di affluenza del 25-30 per cento, concentrat­o soprattutt­o durante la settimana». Fenomeno ancora più forte dopo Vaia, precisa Bergamo: «Le persone hanno più paura e alla prima nuvola o allarme scappano a casa o non partono nemmeno. E noi ne risentiamo. Bisognereb­be invece insegnare che in montagna il tempo variabile è spesso la regola, ma basta essere ben attrezzati per ridurre al minimo i rischi». L’esempio lampante è il weekend dello scorso sabato 27 luglio: «I bollettini annunciava­no maltempo pesante - spiega Canzan -, e invece tutto si è risolto senza danni. Ma noi intanto abbiamo perso quasi la totalità delle prenotazio­ni». «Capisco le responsabi­lità di chi deve informare - chiosa Bergamo - ma andrebbero tenute in consideraz­ione anche le esigenze di chi come noi svolge un servizio difficile e fondamenta­le».

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In montagna Il trekking sui sentieri è solo una delle opportunit­à turistiche

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