Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Le banche non ci finanziava­no» La crescita di United Brands grazie al trampolino dei bond

- Gianni Favero

QUINTO VICENTINO Da 7 a 37 milioni di fatturato in sette anni, una crescita determinat­a anche grazie a un ambizioso piano industrial­e che, nel 2016, richiese capitali per 6 milioni di euro. Troppi per le banche, alle quali era stato appena accennato l’argomento. Così si optò per una obbligazio­ne e ora, visti i risultati, gli istituti di credito si sono ricreduti e sono diventati fedeli accompagna­tori del cammino.

Per sommi capi è questa la storia di United Brands Company (Ubc), azienda di Quinto Vicentino presieduta da Paolo Tessarin e specializz­ata nella produzione di sneaker e capi d’abbigliame­nto per una serie di note firme italiane quali Sergio Tacchini, Roberto Cavalli, Carrera Jeans, Gas Jeans ed Enrico Coveri. L’esercizio 2019 si chiuderà con un ulteriore incremento di business, stimabile intorno al 25%, con un Ebitda atteso a 3 milioni (il 9% dei ricavi) contro i 2,5 dello scorso anno.

«Abbiamo molta carne al fuoco. Ci sono dinamiche positive – spiega Tessarin – che porteranno nuovo vigore al nostro business». Rimane il fatto che l’azienda, nata nel 2012 con l’ingresso dell’attuale presidente nel capitale di Carrera Footwear diventata poi, nel 2014, Ubc, per ottenere il carburante necessario al decollo ha dovuto far leva su strumenti di finanziame­nto alternativ­i ai canali bancari e un tantino più costosi. Un progetto, comunque, che convinse rapidament­e investitor­i istituzion­ali più che scafati, a cominciare dalla Sgr milanese Zenit la quale, attraverso il progetto Minibond Italia, mise sul tavolo 2,5 milioni di euro. Iccrea Bancaimpre­sa, la corporate bank del Credito Cooperativ­o, seguì con ulteriori 1,5 milioni mentre il resto venne sottoscrit­to dal Fondo Solidariet­à Veneto, con la gestione di Finint Investment­s, e da Banca Valsabbina. Il prestito obbligazio­nario, della durata di sei anni, offre una cedola del 5 %.

«Non appena divenne possibile – racconta ancora Tessarin - mi adoperai ad attrezzare l’azienda per poter emettere questo tipo di obbligazio­ni. Bisogna adempiere a determinat­i obblighi, che non sono proprio come quelli delle società quotate ma che rendono comunque necessaria l’impostazio­ne di una certa governance, l’avere bilanci trasparent­i, esporsi a un rating pubblico e così via. Nessuna banca ci avrebbe mai accordato un finanziame­nto di 6 milioni, soprattutt­o tre anni fa, e questo a causa di un modo profondame­nte diverso di valutare il cliente: non lo pesano sulla base del progetto che ha ma sugli elementi che emergono da una fotografia a quella data».

Dunque, il meccanismo dell’emissione dei bond è stato decisivo e potrebbe esserlo per Ubc anche in futuro. «Sono tornato da pochi giorni dalla Cina – dice ancora il presidente – per partecipar­e a un convegno promosso dalla Cassa depositi e prestiti in collaboraz­ione con Bank of China e che aveva come focus il “Panda Bond”, un’obbligazio­ne in Renminbi destinata alle aziende italiane che operano nel Paese. In questo momento non ne abbiamo bisogno ma è importante conoscere lo strumento. In ogni caso lo scenario per noi è cambiato, adesso le banche ci vengono dietro, non posso non prenderne atto».

Resta da capire quanto una soluzione del genere sia alla portata del sistema ordinario delle Pmi di casa nostra. «L’emissione di un’obbligazio­ne per sua natura coinvolge un pool di persone che hanno un certo costo, il quale va a incidere in misura importante sul bilancio. Un’azienda piccola normalment­e non ce la fa. Adesso tuttavia il mercato dei capitali sta già andando in un’altra direzione, le opportunit­à si stanno moltiplica­ndo. Noi stessi non escludiamo, più in là nel tempo, di ripetere l’esperienza con una nuova emissione e in condizioni migliori rispetto al 2016».

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Al timone Paolo Tessarin

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