Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

DISTRETTI? È IL TEMPO DEI TALENTI

- Di Piero Formica

Il battito del Pil è più forte in Lombardia ed Emilia Romagna (+0,6% previsto per il 2019), leggerment­e più debole (+0.5%) in Veneto, allorché le tre regioni si avvicinano a una nuova recessione. Con la Germania in forte frenata, ne risentono pesantemen­te i loro distretti il cui primo mercato di sbocco è quello tedesco. In Veneto, definito un «distretto della Baviera» dall’amministra­tore delegato di Fincantier­i, l’export distrettua­le era in calo già all’inizio dell’anno. Il carro del Nordest che trasporta i prodotti eccellenti dei suoi distretti si muove al passo impresso dai leader tedeschi. Oggi, secondo i dati del monitor Intesa Sanpaolo, il segno meno è preoccupan­te per la meccanica strumental­e di Vicenza (-8,1%) e la termomecca­nica scaligera (5,7%). In Emilia-Romagna hanno chiuso i battenti tante imprese artigiane nel distretto ceramico intorno a Sassuolo.

Non curandosi delle prove offerte della storia, tutt’altro che semplici aneddoti, un folto gruppo di economisti imbocca una sola strada: quella dell’indagine statistica che va sull’ottovolant­e dei dati. Tra il 2016 e il 2018, le ruggenti cifre in blu li portavano a magnificar­e i record dell’export. Dall’anno corrente, i pallidi numeri che volgono in rosso scuro fanno paura. Per vedere oltre l’orizzonte contingent­e, l’attenzione va distolta dai fattori di produzione (terra, lavoro e capitale) ereditati dalle passate rivoluzion­i industrial­i, per concentrar­si sulle idee e i talenti.

Nascoste dietro lo scambio di merci, ci sono idee e competenze che abbattano le barriere sociali alzate dalla geografia, dalla lingua parlata e dalla cultura. Scesi dall’ottovolant­e, si cambia percorso per incamminar­si verso la foresta pluviale che ha il nome di ecosistema. Il distretto industrial­e è composto da soggetti che si assomiglia­no: imprese capofila e loro fornitori, tutti insieme impegnati nella costruzion­e di catene di valore per conquistar­e clienti. Un lodevole sforzo quando la tecnologia è relativame­nte statica. Tutto cambia quando intervengo­no rapide trasformaz­ioni tecnologic­he. La cultura dell’ecosistema è diversa. Proprio come nella foresta pluviale, il terreno culturale dell’ecosistema è reso fertile dall’alta diversità delle specie presenti e dalla loro promiscua collaboraz­ione tramite comportame­nti e motivazion­i di ampio respiro. Nell’ecosistema è elevata la piovosità di idee che le fitte interazion­i umane combinano e ricombinan­o nei modi più disparati. Le specie conviventi provengono da fisica, chimica, biologia, neuroscien­ze, psicologia, ingegneria, sociologia, economia, diritto, design. Esse generano innovazion­i che si traducono in iniziative trasformat­ive dello stato di cose preesisten­te.

Nel distretto le nuove tecnologie sono causa di alta mortalità delle imprese. Nell’ecosistema, le stesse tecnologie sono fonte di creatività imprendito­riale. Ne scaturisco­no startup transnazio­nali che attingono a talenti, dovunque essi siano reperibili. Le collaboraz­ioni prescindon­o dai confini geografici. Il distretto ha due dimensioni: le imprese del territorio e l’export; l’ecosistema è dotato di una terza dimensione: le imprese nomadi. In tre dimensioni ci stanno più cose. Il rendimento del coinvolgim­ento illimitato è dato dalla nascita di imprendito­ri che sono artisti. Come usa dire Richard Branson, il fondatore del Virgin Group, costoro dipingono su una tela bianca un’opera che riunisce persone di talento: ciò che fa la differenza nelle loro vite, non solo in quella dell’artista imprendito­re.

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